Si può morire in tanti modi. La scuola pubblica italiana muore lentamente. E sotto gli occhi di tutti, pezzo dopo pezzo, se ne va all’altro mondo. È un vecchio albero avvelenato dalle falde acquifere contaminate per una discarica abusiva. Non muore di colpo. Si ammala e agonizza.
Ma questa è ancora la mia scuola. Il luogo (con l’eccezione di casa) dove passo la maggior parte del mio tempo. Il luogo dove torno ogni giorno con la curiosità di ciò che mi aspetta una volta entrato in classe e con il desiderio di percorrere con i bambini un altro pezzetto del nostro viaggio. È per questo che mi viene da gridare. Sempre che il dolore si possa misurare in decibel.
Ai miei bambini dovrei urlare di sbrigarsi. Fate presto, correte, uscite di qui. Ecco cosa. Muovetevi. Tra poco crolla tutto. E una volta fuori non voltatevi indietro, che tanto la scuola non la riconoscereste nemmeno.
Già. Ogni ciclo che arriva in fondo e dopo cinque anni abbandona la scuola primaria, la lascia in condizioni sempre più penose di quelle che ha trovato al suo arrivo. Cinque anni sono tanti se in mezzo ci si mettono governi criminali a cui non importa nulla della cultura (anzi, ne hanno paura), ministri dell’Istruzione incompetenti, decreti legge assassini, circolari da sceriffo di Nottingham.
L’ultima pensata degli smantellatori della scuola pubblica è l’apertura degli Istituti alle sovvenzioni private. Tali interventi sono addirittura auspicati dal ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza che, sottobraccio al collega del ministero del Tesoro, tanto per essere più convincente va proponendo un sistema di defiscalizzazione per le donazioni fatte agli istituti scolastici. Mi chiedo perché il ministro non dedichi più tempo a innaffiare i gerani sul suo balcone invece di starsene in mimetica a piazzare mine nelle fondamenta della scuola.
L’Italia è tra i paesi che investono meno nell’istruzione e secondo i dati di Eurostat (l’Istituto statistico della Commissione europea) in Europa siamo al ventunesimo posto. Però lo Stato, invece di cercare un modo per aumentare i fondi pubblici da destinare alle scuole, dice loro di arrangiarsi. I soldi non ci sono, dichiarano. Mi chiedo allora da dove arrivino i 20 milioni di euro che vengono tirati fuori ogni anno per l’Invalsi. Misteri di un sistema paranormale (e anche un po’ paraculo).
I soldi non ve li diamo. Questo è in sintesi il messaggio. Organizzatevi. Che italiani siete se non sapete far fronte alle emergenze? Siamo o non siamo un paese di creativi?
Le scuole allora che fanno? Insorgono? Si ribellano? Reagiscono bloccando attività o serrando i ranghi per una protesta generale? Ma che. Le scuole si arrangiano.
Una scuola nella provincia di Novara per racimolare fondi vende i banchi (quelli col buco per il calamaio) e gli arredi di inizi novecento. A Monza una primaria accetta pubblicità sul sito istituzionale e perfino nelle bacheca della scuola. Molti sono i casi di sponsorizzazioni di aziende private. Ovunque si elemosinano sovvenzioni e aiuti da parte dei genitori.
Lo scenario che si delinea è terribile. L’intrusione dei privati nella scuola pubblica pregiudicherà in maniera irreversibile la sua libertà. Non serve una palla di vetro per rendersene conto. Nel 2012 il famigerato disegno di legge Aprea tornava a prevedere l’ingresso di soggetti esterni alla scuola perfino nel Consiglio di Istituto.
In barba all’articolo 33 della Costituzione lo Stato eroga fondi a vantaggio delle scuole private. E poi incoraggia l’ingresso di capitali privati nella scuola pubblica.
Si può morire in tanti modi. O forse no, si muore e basta.
p.s.
Il murale di copertina è di quel genio metropolitano che risponde al nome di Bansky.
E’ tutto fumo negli occhi, serve a fare finta….nessun idustriale, nessun finanziere muore dalla voglia di finanziare la scuola statale….però intanto bisogna ammetterne la possibilità. I fatti ed i numeri dicono che in tutto il mondo sono le scuole private che mungono i soldi raccolti dalla fiscalità generale, sia in forma diretta che indiretta. E nemmeno si fanno scrupolo di farlo sottobanco, lo reclamano a gran voce. La CEI (Conferenza Episcopale Italiana) lo fa tutti i giorni e infatti ha ottenuto che nella legge di stabilità siano postati oltre 200 milioni di euro per il 2014 per finaziare le scuole private.
E questi sono i finaziamentii diretti ma La Chiesa cattolica si giova di quasi un miliardo l’anno che serve a pagare i 27.000 Insegnanti di Religione Cattolica che insegnano nella scuola pubblica su mandato delle diocesi che rilasciano il titolo indispensabile per insegnare RC.
Ma ci vorrebbe un libro per fare l’elenco, l’ultima a Bologna i cittadini hanno vinto un referendum per dire NO ai finaziamenti alle scuole dell’infanzia private, Il Sindaco ha detto che lui del referendum se ne sbatte e che continuerà a finanziare le scuole private
Caro Piero, non sarei così tranquillo riguardo l’ingresso nelle scuole dei capitali privati. Probabilmente la Suzuki o la Marlboro non avranno mai interesse a entrare nelle scuole primarie, ma la Nestlè, la Coca Cola, la Nike, la Colgate, la Barilla, la Giochi Preziosi o la Apple?
Già, il mercato ha l’occhio lungo. I bambini sono ormai considerati dei consumatori diretti o indiretti (quando hanno il potere di trascinare le famiglie, come da McDonalds). Basta guardare i canali televisivi tematici dedicati ai bambini: sono farciti di pubblicità!
E poi ci sono le scuole medie e superiori….
Non è solo il mercato ad avere l’occhio lungo; a quanto pare anche il nostro ministro che col suo decreto ha pensato bene di far entrare in contatto i ragazzi con le aziende per far conoscere il valore educativo e formativo del lavoro. Forse però il ministro si riferisce agli studenti di qualche regione che non è la Sardegna. Sig.ra Carrozza, in quali aziende dovrebbero andare i nostri ragazzi se la nostra cara terra sarda sta agonizzando per il 50% e l’altro 50% è già morto? Venga nella nostra terra e le faremo conoscere il valore educativo e formativo della mancanza di lavoro, le faremo conoscere la disperazione di migliaia di persone che non hanno di che mangiare, mentre lei ha in mente una scuola che non ha corrispondenza nella realtà, mentre pensa di far entrare le aziende private nella nostra scuola pubblica a suon di capitali, che tanto bene farebbero se fossero investiti per ridare dignità ai lavoratori e alle loro famiglie.