Cosa succede. Ovvero la scuola spiegata al mio barista (parte sesta)

Ho cambiato bar. I percorsi della vita non sai mai dove finiscono per portarti. Quello di cui puoi essere sicuro però è che, ovunque ti capiterà di trovarti, ci sarà sempre un bar a pochi passi da casa. Siamo una nazione di chiese e di bar. Questa è una regola. Siamo una nazione di promesse e speranze sussurrate in silenzio, e di chiacchiere un po’ sguaiate intorno alle prime pagine dei quotidiani.

Il cuscino però potevi lasciarlo a casa, mi dice Sami col suo sorriso furbo quando mi vede entrare con Cali, la mattina presto. La mattina presto, irrimediabilmente. Perché non ci sono differenze tra giorni lavorativi o giorni festivi. Chiunque abbia un cane sa cosa intendo.

Sami è il mio nuovo barista. È indiano. Una moglie indiana e tre figli in età scolare. La più grande va alle medie. Continuo a disegnare le magliette per Sandro e quelli del bar che ho frequentato per più di vent’anni, ma adesso il mio bar è questo qui. È la voce di Sami quella che mi estorce le prime parole del giorno.

Sami è curioso di tutto e facile alla chiacchiera. Una caratteristica che sembra rispondere a un principio di un’esattezza quasi scientifica quando fai il barista. Mettiamoci pure il fatto che per lui la giornata inizia molto prima della mia, nonostante il cane. Così quando faccio il mio ingresso sono in grave ritardo sulla sua prontezza di spirito e difficilmente riesco a rispondere a tono. Solitamente mi limito a sorridere un po’ ebete.

Ma cosa succede? Malgrado lo stordimento capisco che Sami ora mi sta chiedendo della scuola. Sa che faccio il maestro e anche oggi la prima pagina del giornale è zeppa di ridicolaggini e indicazioni su quello che ci aspetterà a settembre. Ogni giorno il ministro Azzolina ne spara una diversa. Una collezione di idiozie da sbellicarsi dalle risate. Il titolo di oggi rivela che si farà scuola nelle caserme.

Niente, non succede niente, dico io per tranquillizzare il mio interlocutore, che nella veste di papà è giustamente un po’ preoccupato sulle sorti della scuola che ci attende. Sono parole in libertà, senza alcun fondamento. Abbiamo semplicemente un ministro dell’istruzione che brancola nel buio e mostra di conoscere la scuola come io conosco lo swahili.

Bisogna prendere atto che il sistema scuola scricchiola vergognosamente dall’alto. In alto c’è il ministro e poi ci sono i dirigenti scolastici a cui viene affidato il compito di trovare le soluzioni che lei non trova, una pletora di inquieti figuri altrettanto disorientati. Piccolo esercito di sergenti García impauriti e confusi. Non preoccuparti, dico a Sami,  l’edificio non crollerà. Se in cima la piramide barcolla, la base tiene. Alla base ci sono i docenti. Ci penseranno loro.

p.s.
In copertina il sergente García, della serie televisiva Zorro, nell’indimenticabile interpretazione di Wimberly Calvin Goodman (25 maggio 1918 – 6 ottobre 1975)

Informazioni su RP McMurphy

Chito e RP McMurphy vivono a Roma, ma qualcuno giura di averli visti più volte dalle parti di Maracaibo. Hanno un amore dichiarato verso tutti i sud del mondo e un’istintiva simpatia per chi vive ai margini.
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2 risposte a Cosa succede. Ovvero la scuola spiegata al mio barista (parte sesta)

  1. Laura ha detto:

    Ho fatto questa associazione: scuola-opinione-bar-caffè-tazza-piena e mi è venuta in mente la storia Zen “Una tazza di tè”. Ecco, ho pensato, il bar è il luogo dove la gente ha sempre la tazza piena, dove ognuno afferma i propri assiomi. L’idea che nel sistema scuola sia la base a reggere il tutto l’ho sentita in molti bar, ma non per questo trovo che sia più vera. Anzi direi che se in cima la piramide barcolla, per una nota legge della fisica la base rimane sempre più schiacciata, sotto il peso di una classe dirigente che non sa e non vuole risolvere i problemi reali della scuola. Allora magari sentendo affermare un simile punto di vista preferirei bere in fretta la mia tazza di caffè e uscire… tutto sommato è meglio una tazza vuota che una piena.

    • RP McMurphy ha detto:

      Capisco bene, ma è pur vero che l’unica parte che “tiene” si trova in quella parte schiacciata. È il lavoro di molti docenti che, pur privi di qualcuno in alto che sappia indicare la rotta, tengono duro e lavorano affinché la scuola rimanga un luogo sano di crescita

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