Capita a molti d’estate di fare un viaggio. Aereo, macchina, traghetto, treno, pullman o gobba di dromedario. Non fa tanta differenza. E non importa se qualcuno viene a prenderci all’arrivo, o se sbarchiamo da soli. Tanto ha ragione Fernando Pessoa. Quello che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo. Anche se poi, bisogna ammetterlo, un viaggio può anche farci arrivare diversi da quelli che eravamo al momento della partenza.
A me viene in mente che la cosa più preziosa del viaggio sia la predestinazione a fermarsi. Fermarsi a osservare, a pensare, a meravigliarci. Una propensione che è propria del viaggiatore. Ineluttabile inclinazione che solitamente ci neghiamo. Dobbiamo arrivare in un posto per riuscire a sentirla. Arrivare in un aeroporto, camminare per una strada mai vista prima, entrare in una casa che ha un odore straniero.
È un peccato. Basterebbe sentire sempre di essere in viaggio. Che l’unico viaggio possibile è quello di sola andata iniziato tanto tempo fa tra le braccia di un’ostetrica. Allora ancora una volta non posso fare a meno di pensare alle parole di Giorgio Caproni, con l’agurio che i viaggi di quest’estate non abbiano una fine, ma continuino anche dopo, ritornati a casa, e non smettano mai di meravigliarci.
Se non dovessi tornare,
sappiate che non sono mai partito.
Il mio viaggiare è stato tutto un restare qua,
dove non fui mai.
Biglietto lasciato prima di non andare via.
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Fa centro, nel profondo di noi stessi, con poche parole il nostro vicino di quartiere, insegnate di scuola e Poeta.
Il viaggio è connaturato nella natura (biologica) dell’uomo. L’irrequietazza e il bisogno di seguire i grandi erbivori ha fatto incontrare i Sapiens con i Neanderthal, prima della scomparsa di questi.
Il movimentoed il passaggio scandiscono la nostra vita, dovrebbero farlo almeno, molto di più. E nel viaggio riusciamo a ritrovare quella parte di noi che ci siamo dimenticata nella vita stanzaile di cittadina. Lo stupore per il diverso ed il nuovo, e la crescita sensibile. E nel movimento, muoviamo verso noi stessi.
Concordo, Tommaso. Ma il punto è: ci muoviamo davvero verso noi stessi? O rimaniamo piuttosto pietrificati dalle paure o (peggio ancora) restiamo immobili per pigrizia?
Su viaggiare, cercare, stupirsi, immergersi, sono stati scritti milioni di parole e di metafore. E’ vero viaggiare è l’occasione per per specchiarci dentro ed è per questo che ogni esperienza cambia a secondo del momento in cui la viviamo.
Io sono tornata ieri e, a differenza di te, mi sono soffermata sulla sensazione del ritorno, di quanto sia dolce ed emozionante. Ne potrei parlare per pagine e pagine, ma te le risparmio maestro Flavio 🙂 !
Pensavi di esserti liberato di me ora che il mio giugiù è trasmigrato alle medie? Errore….
Un abbraccio grande maestro
Non lo penso nonnalaura. Ci si incontra non per lasciarsi, ma per diventare, in vari modi, e a vario titolo, compagni di viaggio.
Il viaggio! Penso a una nave ferma in porto da giorni
Sembra ferma Andreana. Anche se sono giorni che sta lí. Niente può stare fermo su qualcosa che si muove. Come il mare. Come i nostri pensieri.