Per abituare i bambini al mondo che li aspetta fuori da qui ho deciso di fare una verifica ogni mese. Sono i primi voti che metto in cinque anni. Non mi serviranno per il giudizio finale con il quale dovrò salutarli, ma servirà almeno a non farli sentire completamente dei marziani quando metteranno piede nelle medie. Divisi per file, fogli protocollo e nient’altro sul banco, i bambini accettano di buon grado l’esperimento.
Dopo qualche giorno riporto le verifiche corrette. La seconda parte della storia inizia proprio adesso. Nella nostra classe avviene tutto alla luce del sole e si continua a fare a modo nostro. La riconsegna delle prove non può essere un’esperienza individuale. La classe deve riappropriarsi di un cammino che è collettivo. Gli sforzi sono singoli e personali, ma vanno rielaborati in un contesto comune.
Ai bambini che hanno superato la prova consegno pubblicamente il frutto del loro sforzo, rendendo noti i voti e manifestando apertamente la mia soddisfazione, ma senza troppa enfasi. Fare bene un compito, in fondo, dovrebbe essere la consuetudine a cui tendere, non un evento eccezionale.
Poi chiamo uno a uno i bambini che non sono andati bene. Non ci serve sapere il voto che hanno preso, ma spiego come l’analisi alla lavagna dei loro errori potrà servire a tutti per cercare in futuro di non fare gli stessi sbagli. Ribadisco alla classe che in una scuola senza errori non servirebbero i maestri. Per questo io i bambini che hanno sbagliato dovrei perfino ringraziarli. Decidiamo allora di fare un applauso ogni volta che chiamo uno di loro per analizzare gli strafalcioni commessi. Sui volti di chi ha preso brutti voti non c’è più traccia di mortificazione. È tornata la pace. E il sorriso.
ps
La foto in copertina è di Gregory Colbert
Ce ne fossero come te. 😊
❤
All’inizio pensavo ti fossi arreso all’evidenza della nostra sconfitta rispetto alle “prove oggettive” ma come al solito riesci ad essere geniale. L’errore come erranza e ricerca cooperativa: per continuare a resistere e ad esistere. Almeno alla scuola primaria…
Mi piace molto l’espressione “erranza”, big chief. In un certo senso ci accomuna tutti. Sul fatto invece che la scuola primaria sia un luogo di resistenza ho purtroppo molti dubbi.
“Per abituare i bambini al mondo che li aspetta fuori da qui ho deciso di fare una verifica ogni mese. Sono i primi voti che metto in cinque anni.”
Buona idea, non solo ai fini dichiarati. Giusta anche la sottolineatura della valenza didattica dell’errore.
Mentre attendo l’autenticazione da parte di wordpress, che stenta ad arrivare, leggo un articolo di Giovanna Zorboli su doppiozero e lo trovo in certo senso attinente…
http://www.doppiozero.com/rubriche/1543/201710/cosa-cercano-gli-adulti-nei-bambini