Non c’è niente di più destabilizzante di un sistema le cui regole possono essere disattese. Ecco perché entra in ballo la sanzione, che però non può essere mai una rivincita, né avvicinarsi all’antico concetto di castigo. Il bambino deve essere messo nella condizione di ristabilire l’ordine che la sua azione ha turbato, riqualificando la sua immagine davanti agli altri, ma per primo davanti a se stesso.
Se le regole sono poche, chiare e condivise, la sanzione gioca quindi un ruolo necessario. A patto che sia infrequente. È poi necessario che non sia mai il prodotto di una decisione impulsiva o emotiva, ma che giunga sempre come il risultato di un processo ragionevole e ponderato. L’equilibrio della sanzione è infatti la caratteristica prima per una sua buona efficacia. Altri requisiti sono l’imparzialità e l’ineludibilità.
K è venuta a scuola senza il compito che le avevo assegnato. È lei stessa a dirmelo. Apprezzo molto il fatto che non cerchi scuse. Si è fatta uno sconto, tutto qua. Io non do mai tanto lavoro da fare a casa, ma ciò che assegno va svolto come un lavoro che si ha il dovere di compiere.
Possiamo fare così, le dico. Quando usciamo da scuola per ricreazione tu porti il quaderno e, mentre gli altri giocano, ti metti a fare il problema che non hai fatto nel fine settimana. K, mi dispiace, ma non mi viene in mente un’altra punizione. Ma questa non è una punizione, maestro, dice K. Questa è una cosa giusta.