Una storia di pregiudizio. Il mio

Con i bambini parliamo spesso di pregiudizi. Di quelle fantasie e di quei preconcetti travestiti da idee che si hanno impulsivamente molto prima di conoscere e verificare come stanno davvero le cose. Di quelle sensazioni che trasformiamo frettolosamente in certezze e ci fanno scegliere, credere, giudicare, senza accorgerci di essere invece fuori strada. Così oggi ai bambini che mi credono infallibile ho regalato l’esempio di uno dei miei sbagli.

Osservo i bambini giocare come fanno sempre quando li porto fuori scuola. Poi il pallone vola in strada, finisce per attraversarla e va verso il marciapiede opposto. La regola che ho dato in questi casi parla chiaro. Il pallone non va mai inseguito. Al recupero ci pensa il maestro.

Dall’altra parte della strada una signora anziana che cammina a stento si ferma e sembra studiarci. Ecco, ho pensato. Lo so adesso cosa sta pensando questa signora. Poveri bambini in che mani sono capitati. Ma che razza di maestro è questo qui, coi capelli lunghi e tutti quegli anelli. Che brutta fine che ha fatto la scuola, ai miei tempi era diverso.

La palla finisce sotto una macchina parcheggiata, perfettamente incastrata in una zona difficilmente raggiungibile. Incrocio lo sguardo della signora anziana. Lei fa un sorriso che non mi aspetto. Un sorriso che è insieme tenerezza, approvazione e complicità. Poi mi porge il suo bastone. Con questo ce la fai, mi dice. Il maestro che parla tanto di pregiudizio ai bambini è rimasto fregato. Quel bastone avrebbe dovuto riceverlo in testa.

Informazioni su RP McMurphy

Chito e RP McMurphy vivono a Roma, ma qualcuno giura di averli visti più volte dalle parti di Maracaibo. Hanno un amore dichiarato verso tutti i sud del mondo e un’istintiva simpatia per chi vive ai margini.
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4 risposte a Una storia di pregiudizio. Il mio

  1. Liza ha detto:

    E’ bello in certi casi scoprire di aver sbagliato. 😊

  2. nonnalaura ha detto:

    avrei voluto essere io la vecchina sorridente e sodale!…
    A parte gli scherzi ho già sperimentato molte volte che sia con i bambini che con gli adulti la miglior maniera di insegnare qualcosa e aprire il campo e la mente alla recezione è iniziare proprio con: “iquella volta che io ho sbagliato, non sono stato capace, ho perso quella partita, ho avuto paura, non ho capito un’acca della lezione, …”,
    Forse non è proprio inerente al tuo discorso sui pregiudizi ma ci può andare a braccetto!
    A proposito sai che ho cercato di regalare, per poi poterne parlare, almeno dieci copie di “il dito contro”? Ho trovato dieci mura insormontabili (o mur-i? Maestro, help, non so come si dice!) . Che tristezza 😦

    • RP McMurphy ha detto:

      Il discorso è inerente nonnalaura. Ai bambini cerco di dimostrare che è sempre da noi che dobbiamo partire. Troppo facile parlare di pregiudizio, di razzismo, di accoglienza, guardando lontano dal nostro giardino.

      Muro permette il doppio plurale. Nel caso di tristi fortificazioni difensive (e offensive) è più corretto il plurale femminile.

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