È una questione di gerarchie. Ti aspetteresti che chi sta in cima ne sappia più di te, tanto da poterti consigliare e guidare. Vorresti credere che un rapporto di subordinazione comporti la reciproca fiducia, il riconoscimento, la stima. Ti piacerebbe guardare in alto per poter trovare un esempio. E invece no. Nella scuola (come forse in molti altri ambiti) non è così.
Chi sta in alto guida il timone senza conoscere il vento. Non sa nulla di come si conduca una nave. Per dirla tutta non sopporta neanche l’odore del mare. Anzi. Se potesse quel mare lo asfalterebbe, così da poterci camminare sopra, o metterci una scrivania e starsene seduto. Che a stare in piedi si rischia di cadere. E troppa salsedine fa pure male alla pelle.
Chi a scuola sta aggrappato al timone non riconoscerebbe il dorso di un capodoglio dal capo di Buona Speranza. Meriterebbe di stare chiuso in cambusa a pelare patate (se non fosse che anche lì farebbe di sicuro dei danni). Però ha l’arroganza della divisa. Lei è la Preside, o Dirigente Scolastico. Tu sei solo un maestro.
Ogni insieme che lavora con organizzazione verticale per funzionare ha bisogno della forza dell’esempio. Un docente, per essere credibile, dev’essere un modello per i suoi allievi. Allo stesso modo un preside per i maestri o i professori in forza alla sua scuola. Ma la catena è spezzata. E se la puzza di un pesce si sente dalla testa, il degrado della scuola pubblica parte magari da politiche idiote e scellerate, ma di sicuro trova negli uffici di presidenza dei correi colpevoli e ambigui.
La schiera di funzionari che ricopre i ruoli di dirigenza nella scuola appare oggi come una collezione di figure di basso profilo, ambiziose, assolutamente ubbidienti alle direttive del Ministero, e cieche davanti alle vere esigenze della scuola. Selezionate per la loro completa mancanza di personalità, ma idonee a ricoprire le vesti di burocrati e pronte a offrire in sacrificio, senza battere ciglio, il futuro delle nostre giovani generazioni. Perché un insegnante impreparato, spento o demotivato, danneggia e offende i 25 alunni della sua classe. Ma un preside sottomesso li condanna tutti.
Tu sei soltanto un maestro. Sei disposto a sopportare intimidazioni, umiliazioni, provvedimenti disiplinari e sanzioni di vario tipo, pur di non rinunciare alla coerenza e non tradire l’amore per il tuo lavoro. Il tuo capo no. Lui vigliaccamente apre le porte a chi annienta la poesia e l’efficacia della scuola, voltandosi dall’altra parte per non guardare lo sfacelo di cui è responsabile. Qualcuno mai lo giudicherà per questo?
Nella scuola oggi non ci sono capitani coraggiosi. Questa è la verità. È un bel salto carpiato all’indietro. Un déjà vu. All’epoca delle ignobili legge razziali nessun preside, tra tutte le moltissime scuole italiane di ogni ordine e grado, si oppose al dictat del Ministero e all’allontanamento dalla scuola di alunni o docenti incolpevoli. Per paura, per opportunismo, per genuflessione nei confronti degli ordini ricevuti. In tutta Italia solo 11 professori scelsero con onestà intellettuale di non barattare i propri ideali di libertà col buio e col sopruso. Prevalse la vigliaccheria. Di capitani coraggiosi neanche l’ombra. Oggi ci sentiamo uomini diversi. Magari migliori. Ma continuiamo a fare gli stessi errori.
p.s.
In copertina Spencer Tracy nella memorabile interpretazione di Capitani coraggiosi, trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo di Rudyard Kipling. Gli valse un Oscar. Guarda caso era il 1938.
Com’è vero, purtroppo…
fufù
Come si fa a non essere daccordo ?
“Questa è la verità” ; sarà, ma è una verità dell’autorità che non ha nulla a che fare con l’autorità della verità.
L’esempio della nave è meraviglioso. In 31 anni di lavoro su questa grande nave poche volte ho avuto capitani degni di questo nome. Spesso il capitano non c’era proprio e la nave è stata guidata, fra tempeste e acque calme, da noi marinai che sentivamo forte il dovere di non abbandonarla e di non farla affondare. Spesso abbiamo perso la rotta, ma siamo sempre stati in grado di rimetterla per il verso giusto. Quando si è lupi di mare per molto tempo si percepisce il pericolo a distanza, l’esperienza passata è fondamentale per capire in anticipo che stai per andare incontro a una tempesta. Ma se il tuo capitano è sordo, non ama il confronto,è un despota in preda alla follia, non resta altro che ammutinare.
Cara Andreana, sei l’esempio che si può essere compagni di viaggio anche a distanza. La storia ci insegna che il mare, in fondo, ha unito i popoli più di quanto li abbia fatti sentire lontani.
Grazie. Che sia lieve il viaggio verso Itaca.