Giancarlo racconta la sua storia. Una storia ai margini, come tutte quelle di chi proviene da una famiglia forse povera di mezzi economici, ma non priva di dignità.
Una storia che racconta come, a volte, è possibile imparare da una disciplina, fatta di sacrificio, a credere in valori non effimeri e superficiali, seguendo uno stile di vita fuori dagli schemi, alla ricerca della dignità e del riscatto.
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È il caso di dirlo. Good job Ozaki.
Thanks, bro
Il termine “disciplina” mi fa un po paura, lo ammetto; sa troppo di discepolo, di castigo… di subordinazione… di punizione… hum !! Sia chiaro Ozaki , nulla a che fare con il significato del tuo post che condivido (avendo praticato shotokan), ma mi ricorda eventi poco piacevoli ai tempi della scuola… Comunque SI, lo sport forgia, questo è fuori discussione
Ora però è un po’ tardi per fare certi discorsi: saluto e vò a ninna… ciauzz
La disciplina è verso se stessi, uomo mascherato. Niente a che vedere con marce nei cortili e sbattere di tacchi. Mi piace pensare che possiamo essere contemporaneamente maestri e discepoli di noi stessi. Lo sport (quello vero) apre questi confini.
Si, condivido sul “se stessi”, è quello che ho detto, o volevo dire con, ‘SI, lo sport forgia’; purtroppo il mio linguaggio d’altrove m’inganna… 🙄
Con “maestri e discepoli di noi stessi” stai dicendo una cosa bellissima; molto rara ai giorni nostri… Mi applicherò, spirito corazzato; devo disciplinarmi ad andare a letto prima…
McMurphy ha centrato il punto: disciplina è quello che viene visto dall’esterno, ma quando sei tu ad importi delle regole dettate dalla tua passione o, passami il termine, dalla tua ‘vocazione’, il sacrficio o l’assoggettamento lo vedono solo gli altri, ma per te è solo una cosa che ti viene naturale. Quanto al maestro/discepolo (non in senso scolastico), forse è una delle poche cose che sono rimaste che ci si può scegliere da soli, e ognuno ha quello che si merita…
… satori ricevuto, Oza