La storia dei 150 euro da restituire e la scuola che ha calato le braghe

Altan 1Il governo decide di trattenere 150 euro dalla busta paga degli insegnanti. Poi fa marcia indietro. La notizia di ieri è di quelle che mi lasciano interdetto. E anche arrabbiato. Sono smarrito, sì, perché ancora una volta la classe docente fa la figura di chi, davanti al crollo strutturale di un edificio, fissa una crepa sull’intonaco e per quella, all’unanimità, grida allo scandalo.

Il blocco degli scatti automatici di stipendio, per la classe docente italiana, è cosa vecchia. Fu una pensata del governo Berlusconi, confermata però (guarda la coincidenza) anche dal governo Monti. Alla faccia di quanto previsto dal contratto collettivo di lavoro, gli insegnanti sono stati costretti a rinunciare agli scatti di anzianità. È ormai un vezzo politico che i nostri governi non cerchino i soldi dove sono veramente, ma raccolgano le briciole e seguitino a tagliare sulla cultura e sull’educazione. Ai docenti restava almeno la promessa che l’operazione di congelamento avrebbe interessato solo il triennio 2010-2012. Nel 2013 si sarebbe dovuto tornare al normale incremento di stipendio in busta paga. Invece no. Il governo Letta (tanto per essere alla moda) decide di bloccare retroattivamente anche lo scatto, già pagato, relativo al 2013. Da qui la decisione del ministero dell’Economia di prelevare dallo stipendio dei docenti la somma di 150 euro. A titolo di restituzione.

Apriti cielo. Il mondo della scuola, sindacati in testa, compatto come mai, alza la voce. Il governo decide allora di fare retromarcia. Fermi tutti avrà detto Letta a Saccomanni. Non se pò fa. Siamo stati scoperti. S’è alzato un gran casino. Ovunque si elevano voci di giubilo e soddisfatti canti di vittoria per lo scampato pericolo.

E qui arriva il mio smarrimento. Di che essere contenti? Lo avranno capito le orde festanti che il ministro dell’Economia non ha per niente rinunciato a quei soldi, ma (su questo è stato chiaro) ha semplicemente deciso di prenderseli in altro modo con nuovi tagli nel bilancio della scuola? Avranno pensato i singoli docenti, che anche a non togliersele direttamente dalle tasche, altre risorse saranno negate alla scuola e altri pezzi di futuro cadranno in metastasi rendendo il nostro lavoro sempre più avvilente? Avranno afferrato che l’unica cosa in grado di far esacerbare gli animi e compattare la categoria è la diretta minaccia al nostro portafoglio, al nostro piccolo tornaconto, mentre tutto intorno è degrado e nessuna protesta corale si alza per lo scempio perpetrato ai danni della cultura e per il decadimento della scuola italiana? Avranno compreso che il servizio dei sindacati è bugiardo e puramente di facciata, capaci come sono di battere i pugni sul tavolo per difendere 150 euro, mentre nulla fanno e nulla dicono per ostacolare lo smantellamento dei programmi, la scomparsa delle materie classiche, l’accorpamento degli istituti scolastici, la loro trasformazione in aziende l’una contro l’altra armata, le sovvenzioni alla scuola privata in barba all’articolo 33 della nostra Costituzione?    

E qui arriva il mio smarrimento. Perché non si può comprare il silenzio di un’intera classe docente con la possibilità di una cena in più al ristorante. Invece sì. Da domani torneremo nelle nostre classi, tutti un po’ più soddisfatti e tranquilli. E, peggio, silenziosi.

p.s.
La copertina è di Altan.

Informazioni su RP McMurphy

Chito e RP McMurphy vivono a Roma, ma qualcuno giura di averli visti più volte dalle parti di Maracaibo. Hanno un amore dichiarato verso tutti i sud del mondo e un’istintiva simpatia per chi vive ai margini.
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Una risposta a La storia dei 150 euro da restituire e la scuola che ha calato le braghe

  1. andreana ha detto:

    Smarriti e avviliti, sì. Da noi si dice che i ragli dell’asino non salgono in cielo. Forse non arrivano neanche a Roma, ma qui non ce ne staremo in silenzio.

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