Sono andato al centro vaccinale. Avevo preso un appuntamento e sono andato. Quello che ho trovato è stato un ambiente ostile coordinato da un medico arrogante e insolente, non certo un sanitario capace, consapevole di avere davanti delle persone con le loro perplessità e le loro legittime paure. Persone da ascoltare e tranquillizzare, e non marionette da mettere in fila sui binari di una inflessibile catena di montaggio. Le marionette non parlano.
Ero seduto sulla poltrona dell’ambulatorio quando mi hanno detto di firmare il consenso. Ho pacatamente risposto che ero lì per fare il vaccino e ottemperare a un obbligo, non per dare il consenso. Che davanti a una imposizione di legge non doveva essermi chiesto alcun parere. Apriti cielo.
Il medico, che neanche si era preoccupato di leggere i fogli che avevo regolarmente riempito indicando le mie fragilità cliniche, esplode in escandescenze come se il camice bianco non lo obbligasse a un ruolo di assistenza, ma si trovasse invece in un pub, con una birra in mano, davanti a un calcio di rigore concesso all’ultimo minuto di gioco alla squadra avversaria. Dice che devo andarmene, che provvederà a cancellare la mia prenotazione, che se non mi levo da lì mi denuncia perché intralcio il suo lavoro.
Gli rispondo che se cancellasse la mia prenotazione commetterebbe un illecito perché significherebbe negare il fatto di essere stato lì e di essermene infischiato degli obblighi di legge. E visto che ci siamo le forze dell’ordine le chiamo io, gli dico, così che possano verbalizzare quello che sta succedendo.
Arriva una volante con quattro poliziotti, e mentre tutti guardano senza capire cosa stia avvenendo, ripeto le mie ragioni. Il medico straparla e dice che rifiuto il vaccino, io ribadisco che se fosse così non avrei neanche fatto la fatica di prenotare e arrivare puntuale in quel vaccinificio. Rifiuto semplicemente il consenso. Fa una bella differenza.
Il medico è fuori di sé. Voglio credere che sia condizionato da una campagna mediatica che fa di ogni eccezione alla narrativa corrente un argomento da eversivo, e che individua nel no-vax l’unico colpevole da perseguire. Voglio credere che, trovarsi davanti un uomo con i capelli lunghi e le mani piene di anelli che dice qualcosa circa l’obiezione al consenso, lo abbia portato a credere di aver trovato finalmente uno di quei famosi no-vax di cui tanto si parla. Uno che la mattina cura i propri figli con corteccia di betulla e il pomeriggio esce per spaccare le vetrine e inneggiare alla violenza contro il sistema.
Voglio credere questo, che in fondo una botta di pregiudizio può capitare a tutti. Mentre la tracotanza e la stupidità, se te le porti da casa, purtroppo sono qualcosa di irrimediabile.
Ok, narrazione di una coercizione che non desta sorpresa, ma com’è andata a finire?
Senza il consenso, alla faccia dell’obbligo di legge, non mi hanno fatto il vaccino. Così adesso verrò sospeso da scuola, mi verrà tolto lo stipendio, e io porterò la questione davanti a un giudice del lavoro…
Caro mio, da settembre so cosa vuol dire… Se hai tempo per due chiacchiere dal vivo, ci si incontra davanti al nostro vecchio liceo. Un salutone.
Buongiorno.
Lei come sta ora?
La ringrazio per il suo coraggio e la sua integrità.
Siamo in tanti e sempre di più.
Un abbraccio di stima e affetto!
Sto come d’autunno sugli alberi le foglie. Sono un uomo ferito, ma in pace con la sua coscienza. Credo che ci siano comportamenti giusti, da seguire indipendentemente dal fatto che conducano a scelte apparentemente vincenti o perdenti.
Certo.
La coerenza e l’ onesta intellettuale non pagano.
O forse no.
Io sono come lei.
Le mie scelte costano care e ne pago il prezzo.
Ma sono libera.
Di non indossare una maschera.
Di non conformarmi perché lo dicono gli altri o chissà cosa pensano.
Di stare fuori da questa società fondata sull ‘ ipocrisia e sulla vanità.
Se agli altri non sta bene problema loro.
E come dico a mio figlio:
Se gli altri si buttano giù dal ponte perché lo devi fare anche tu?
Arriverà la resa dei conti.
Caro Flavio,
il un mio Professore chiamava l’Univesità esamificio. Dove eravamo numeri, non i tuoi numeri, esattamente come lo siamo ora. Con la differenza che ora stiamo subendo una sperimentazione a tentoni. Leggiamo sui quotidiani tabelle, statistiche senza, a mio psrere, nessun valore. Dove il positivo sta a significare qualcosa di negativo. Il covid show.
Guai a parlarne chiaramente.
Grazie per il tuo coraggio.
A presto
Andraa, papà del matematico completo
ciao Andrea, grazie
Popeyone, il nostro vecchio liceo???? Non c’ero arrivato! Scrivimi in privato sul sito http://www.chito.it o su Instagram (cala.mistro) e ci vediamo!