A Macondo è arrivato il Natale. Quest’anno i bei pensieri stavano chiusi in un Fort Alamo assediato da forze soverchianti, così che ovunque guardassi non vedevo ragioni che potessero condurre al riparo di una giusta serenità. Il Natale allora non avevo mica tanta voglia che arrivasse. Cosa avrei mai dovuto festeggiare? Le aspettative tradite, le paure, le insonnie, le separazioni, le incognite verso il futuro, i rischi e le incomprensioni?
A Macondo però non c’è soltanto un uomo con le sue ferite. C’è anche un papà. E un papà è per definizione un supereroe. Di quelli che si arrampicano sui grattacieli e sguainano la spada contro i draghi, senza pensarci un attimo. Gli occhi e il sorriso di una figlia valgono un viaggio per il pianeta della dolcezza. E si sa che da certi viaggi non si può più tornare.
Il papà allora esce una mattina per una delle sue passeggiate e si porta una sega. Ha visto un Olivo e un Carpino caduti per terra e ormai secchi. Taglia quelle parti che possono essere decorate e poi pensa alla casa. La popola di fatine e piccoli elfi, gocce di luce un po’ ovunque e candele alla cannella. Si tiene stretta la tenerezza e poi la mette, con il resto degli addobbi, davanti al Natale, in attesa che arrivi. Il primo Natale a Macondo.