Roberto Antiochia sembra uscito dagli scritti di Pasolini, quelli che suscitarono scalpore nell’ortodossia del PCI perché dopo gli scontri di valle Giulia ebbero l’onestà di raccontare chi fossero realmente i proletari. Roberto Antiochia è orfano di padre e la mamma lotta per far crescere i tre figli. Ai tempi della scuola vede morire un’amica di eroina e sente crescere la rabbia nei confronti della criminalità organizzata. A 18 anni entra in polizia.
Arriva a Palermo. È tra gli uomini che il commissario Beppe Montana dirige nella rinomata quinta sezione investigativa antimafia, la Squadra Catturandi. Nel 1985 viene trasferito a Roma. È in ferie quando apprende la notizia che Montana è stato ucciso dalla mafia. Decide di abbandonare le ferie e tornare come volontario a Palermo, ora a fianco di Ninni Cassarà, considerato il prossimo obiettivo di Cosa Nostra. Infatti.
Alle 15.20 del 6 agosto 1985 un commando di dieci uomini armati di kalashnikov tendono un agguato all’alfetta che ha riportato Ninni Cassarà a casa. Roberto Antiochia muore crivellato di colpi nel tentativo di fare scudo all’amico. Cassarà riuscirà appena a trascinarsi nel portone di casa e spirerà tra le braccia della moglie, accorsa dopo aver assistito al massacro con la figlia dal balcone della propria abitazione.
Roberto Antiochia muore a 23 anni, a pochi mesi dalla data fissata per il matrimonio.