Il tempo si è fermato. Le difficoltà adesso sono tante. Nella vita le complicazioni, i dolori e le fatiche, si presentano senza troppi convenevoli e quando arrivano ci colgono quasi sempre impreparati. Alcune volte magari siamo noi a determinare quello che ci aspetta dietro l’angolo, ma altre volte no. Allora lo smarrimento è più grande. Ci sentiamo incolpevoli, ingiustamente colpiti, ingiustamente sperduti. Così nel caso di questa pandemia.
Ho perso un amico. C’è chi ha perso un marito, chi ha perso un papà. Il dolore non chiede termometri. Quando ci piomba dall’alto non c’è una sofferenza più grande di altre, più violenta, meno smisurata. Il dramma di una famiglia che adesso vive la perdita del lavoro e l’incertezza del domani è altrettanto grande e altrettanto ingiusto.
Ma il dolore e la sofferenza non ci tolgono certezze senza lasciare qualcosa in cambio. È poca cosa forse, ma è tutto quello che ci viene offerto. Possiamo raccogliere quella piccola foglia caduta per terra e provare a guardarla.
Il tempo si è fermato. Oltre tutto quello che adesso ci manca, a me sembra che perderemo per sempre qualcosa se non cogliamo l’occasione di pensare alla vita di prima. Beh, a me quella vita, ora che la vedo dalla distanza che mi è data dall’obbligo della quarantena, appare come una vita di corse e di incastri, una vita nella quale troppo spesso si correva senza guardare, senza pensare, senza neanche ascoltare se stessi, vivendo relazioni condizionate dalla superficialità, dalla necessità di ottimizzare tempi e spazi, abituati all’idea che fosse l’unico modo possibile. Ma dai finestrini di un treno in corsa non si vedono i nidi sugli alberi.
Penso anche ai bambini, solitamente impegnati in una girandola di attività come fossero in un villaggio Valtour, messi ora improvvisamente davanti al sapore sconosciuto della noia, con l’unica apparente alternativa possibile degli strumenti elettronici, e al rischio di una ludopatia pericolosa e alienante. Può essere davvero un problema per un bambino tutta questa abbondanza di tempo? Ma non era quello che prima recriminavamo di non avere mai abbastanza?
In questi giorni tutti noi abbiamo provato il piacere di una telefonata troppe volte rimandata e di una voce che non sentivamo da tanto tempo, di una famiglia raccolta intorno al progetto di una torta da preparare insieme, di una caccia al tesoro, della riscoperta del piccolo mondo verde che abbiamo sul balcone, della bellezza della gratuità, della sorpresa per chi malgiudicavamo e invece ci ha meravigliato con un’inattesa attestazione di vitalità, della separazione, che solo il setaccio di un momento difficile come questo può permettere, del vero dall’inutile, della consapevolezza dei rapporti che valgono, del senso di comunità.
Adesso che le lancette dell’orologio sono cadute per terra possiamo sentire il nostro respiro. Mi chiedo se una volta fuori da questa quarantena saremo capaci di essere quegli uomini migliori che potremmo essere diventati, o se torneremo rapidamente quelli di prima, buttandoci semplicemente alle spalle questa difficile esperienza. E lo ammetto. Ho un po’ paura ad azzardare una risposta.
È un momento di grande prova per tutti, possiamo renderlo un’occasione di scelta, di decisione forte. Possiamo vedere oltre, vedere altro. Non è poca cosa raccogliere una foglia e provare a guardarla, magari ci trovi dentro l’essenziale…
Sì, penso proprio questo. Possiamo renderlo un momento per guardare dove non riuscivamo a vedere