Cari professori, quello che oggi stiamo vivendo tutti è una scuola senza mani sporche di gesso e chiasso nei corridoi. L’impegno e l’abnegazione che la classe docente sta comunque dimostrando, anche nelle trincee di questa condizione surreale, sono encomiabili. Si è e si rimane insegnanti, anche sotto le bombe a Sarajevo. Questo stiamo imparando. Tuttavia quello a cui talvolta assisto, dalla doppia posizione di papà e di collega, mi lascia attonito.
Nel nostro Istituto ci sono professori che mettono o minacciano note disciplinari a distanza, professori che continuano ad avere l’ossessione della valutazione e danno voti (molto spesso brutti voti), professori che assegnano montagne di compiti, che inseguono programmi, che rampognano i propri studenti anche se quegli studenti sono ridotti a quadratini in videoterminali, facce a volte sperdute, a volte divertite, a volte assenti.
Mi rendo conto che molti di quei professori sentono la pressione delle famiglie. In alcuni casi le famiglie, in un momento che dovrebbe portarci a considerare l’infondatezza di tante vecchie certezze, sembrano avere come principale preoccupazione quella che i propri figli restino indietro, o che si annoino, che ciondolino per casa, che si annichiliscano nei videogames, o che debbano rinunciare a un diritto sacrosanto. Purtroppo il refrain della classe docente come forza lavoro che ha tre mesi di vacanza ogni anno è tornato prepotentemente alla ribalta, aggravato ora dalla considerazione che in questi tempi un insegnante percepirà comunque uno stipendio anche standosene a casa a non far niente. Ma questo non dovrebbe condizionarci. Sappiamo bene quanto ogni catastrofe sia stata capace di far emergere negli uomini sentimenti e manifestazioni di solidarietà inaspettata, ma anche incomprensioni, animosità, e ingiusti rancori.
Cari professori, continuiamo così, combattiamo questa guerra ognuno con le proprie risorse e la propria energia, ma non dimentichiamo che la scuola si fa camminando in mezzo ai ragazzi, non davanti. Perché di fronte abbiamo giovani vite confuse, tante volte smarrite, e non contenitori da riempire, ragazzi da tenere impegnati o da distrarre a tutti i costi. Non perdiamo di vista il fatto che la scuola fatta a distanza, senza una vera rimodulazione, è qualcosa di abominevole. Che ci muoviamo tutti in un terreno inesplorato, fuori da ogni normativa fin qui riconosciuta e condivisa, e che non ci si può spostare dalle aule alle piattaforme come se nulla fosse.
In ballo ci sono questioni molto delicate. E meritano un’accorta riflessione. Non possiamo dare per scontato che le famiglie abitino tutte in appartamenti con copertura di rete sufficiente, abbiano un numero adeguato di postazioni nel caso ci fossero più figli in età scolare, o le risorse economiche che una connettività alla rete evidentemente prevede. Non possiamo dare per scontato che qualsiasi docente sappia o possa destreggiarsi nel mondo digitale (pensiamo anche solo a tutti i docenti impegnati nei vari laboratori). Così come allo stesso tempo andrebbe affrontata dalla giurisprudenza la circostanza che permette di entrare nelle case e violarne la privacy, considerato attentamente che nella comunicazione digitale il linguaggio stesso è destinato a mutare la sua sintassi, evidenziato come il vecchio sistema della valutazione non possa funzionare così com’è e debba invece essere riesaminato a fondo.
Cari professori, non corriamo senza guardare dove stiamo andando, non perdiamo di vista i ragazzi e quello che hanno dentro, non cadiamo nell’errore di credere che crescere sia ingurgitare competenze. E non abbandoniamo il campo, lottiamo, affrontiamo questo nemico invisibile nel modo più opportuno, con la consapevolezza che soltanto così potremo essere un contagio ancora più forte. Un contagio che vince.
Flavio Maracchia
p.s.
La tavola in copertina è di Gipi
Sì, sta succedendo nella scuola virtuale: si riproduce tutto il peggio e tutto il meglio che in questi anni abbiamo lasciato convivere, senza davvero occuparcene. Gli insegnanti “bravi” spesso convinti di poter bastare a se stessi, quelli “pessimi-o-quasi-tali” sicuri che bastasse dire che stavano solo obbedendo agli ordini (vi ricorda qualcosa?)
renata
A me ricorda l’obediencia debida che cercò di scagionare le forze armate dai crimini commessi durante la dittatura argentina di Videla
Parlo da insegnante, ma anche da madre. Immagina di avere un figlio adolescente che ha deciso di ritirarsi dalla vita sociale per due anni, un hikikomori come li chiamano in Giappone, un fantasma con la felpa e il cappuccio anche in piena estate, bianco come la luna. Dopo anni di psicoterapia è riuscito a superare il suo isolamento e a formarsi una identità sociale, ad avere un suo ruolo nel gruppo di coetanei.
Immagina che effetto può avere su di lui questa situazione surreale… voglio dire, il lato umano è importante, fondamentale. Ma come valutare le competenze acquisite in una modalità a distanza? Almeno chiediamoci quali sono queste competenze, perché a volte si tratta di vere e proprie strategie di sopravvivenza.
Esatto, chiediamoci quali siano queste competenze e come debbano essere modificati i criteri di valutazione.
Bellissime parole, sacrosante verità.
Poi c’è la vita reale, quella che vede tante persone perdere il lavoro e altre che hanno il lusso di stare a casa pagati, senza che un datore di lavoro controlli il loro operato.
La vita reale di chi un una situazione di difficoltà sente come prima necessità quella di portare avanti il proprio dovere e di fare la sua parte anche se ciò comporta dover sottostare a delle nuove metodologie che non condivide, anche giustamente. Ma che sceglie di farlo anche per dare un segnale ai propri alunni sull’importanza dei diritti e dei doveri.
Non abbiamo bisogno di babysitter che sollazzino i nostri figli per una mezz’ora oppure che portino avanti un programma a tutti i costi. Non è questo caro maestro. Altrimenti sei tu il primo ad essere convinto che il tuo ruolo si limita a quello di un dispensatore di nozioni. E invece la scuola digitale ai tempi del coronavirus dovrebbe essere un’opportunità per i nostri bambini di capire come ci si rimboccano le maniche nei momenti di difficoltà. Per il bene comune. È il primo esempio lo diamo noi adulti. Noi nel nostro ruolo di genitori e voi in quello di insegnanti. Non di nozioni. Ma comunque i nostri ruoli non sono sovrapponibili. Ad ognuno il suo.
Roberta, mi piace questa cosa di dare l’esempio davanti alla difficoltà, Mi piace anche l’idea di rimboccarsi le maniche e continuare a fare il proprio dovere e quindi il proprio lavoro. Direi che generalmente la classe docente sta facendo proprio questo. La questione che sollevo però è che spostandoci dalle classi alle piattaforme questo lavoro (fermi restando tutti gli altri problemi a cui accenno) debba essere reinventato e non può essere semplicemente trasferito come una brutta copia. Questo in moltissimi casi non avviene. Su una cosa però non sono convinto, non credo che la tua posizione di genitore sia maggioritaria. Ti basterebbe, per esempio, leggere la chat dei genitori della classe di mia figlia per capire quello che intendo.
Non faccio fatica ad immaginare cosa scrivano sulle chat…ma questo non ha nulla a che fare con ciò che invece gli insegnanti possono e devono fare con tutte le difficoltà del caso.
La didattica a distanza specialmente per i bambini delle elementari ovviamente non può essere il portare avanti il programma. E poi scusami ma proprio tu che il programma convenzionale non lo porti avanti nemmeno in classe…da voler fare i docenti dispensatori di compiti a non fare proprio niente c’è un abisso.
C’è la tua presenza nella quotidianità dei tuoi bambini, c’è il desiderio di chiacchierare con loro e vedere i loro visi, c’è La voglia di insegnare loro che nonostante la nostra vita sia capovolta ognuno deve fare la propria parte per il bene comune, che oggi è superiore a tutto. Noi genitori lo stiamo facendo ora dopo ora, ma il tuo contributo da maestro ? Io non credo assolutamente che il mio ruolo di genitore sia maggioritario, forse non mi sono spiegata. Anzi volevo dire proprio il contrario. Volevo ribadire l’importanza della tua presenza, che oggi non può essere sostituita da me che stampo qualche scheda di addizioni buttata lì dai maestri. È ovvio che il tuo rapporto con loro è diverso, altrimenti che esistete a fare voi maestri? A dispensare nozioni? Oggi c’è internet.
Non ti nascondo il grande senso di abbandono che mi accompagna da un mese, la delusione, che è direttamente proporzionale alla stima che si ha di una persona.
Scusami se sono diretta, non voglio essere offensiva, ma vedere mio figlio che vaga per casa riempendo le ore come capita ormai con svogliatezza, a volte solo (perché noi genitori lavoriamo) mi rattrista molto. Purtroppo non siamo in vacanza, e dopo il primo mese in cui per loro è stato bello ed eccitante pensare ad una vacanza anticipata, ora l’apatia sta prendendo il sopravvento. E la tua (la vostra) assenza di sta notando pesantemente.
Un abbraccio
Hola compadre,
…insomma; che piaccia o no, crisi o benessere, glaciazione o surriscaldamento, virus o non virus, balle e mezze verità etc. , stanno obbligando/costringendo l’insegnamento scolastico via web ; anche se mancano le infrastrutture, un minimo di tutor o stage ad ambedue le parti (docente -studente). E chi non è pronto o non in possesso degli strumenti indispensabili ? Casa nostra è diventata un call center da ricovero… Qui c’è gente ancora senza connessione, figuriamoci il resto.
L’agenda 21 ti ricorda qualcosa Murphy ?? Sei a conoscenza del nuovo atlante ufficiale U.S.A delle nuove tipologie di nuvole da insegnare ai futuri studenti (anche europei) ? Praticamente hanno introdotto una varietà di scie chimiche, con dettagliate descrizioni in un linguaggio accadico/aramaico… ( 5G must go on, people)
Personalmente ritengo che ridurre un paese a dover ricorrere a facebook per svolgere la propria attività didattica è veramente patetico. Ricordiamoci che whatsupp oltre ad essere peggio di f.b ( in termini invasività e di totale mancanza di sicurezza) è di proprietà di F.B. . E che il signorino “Zuker-burgher”, visto il coinvolgimento e lo scandalo della Cambridge Analytica, non merita certo fiducia ne altro.
No dico, ma siamo impazziti a riversare tutti quei dati che la scuola produce in una rete (web) che appartiene ad una corporazione ?? Ma qualcuno di Voi ha la ben che minima idea della mole di metadata che produrrebbe tale decisione ? Voglio dì, (e poi la finisco qui ) se proprio si è costretti ( viste le circostanze…) a ricorrere alla rete, basta/va erigere un portale nazionale, come fa la microsoft con gli iscritti a i propri corsi d’informatica: esami inclusi. ( semplifico per ovvi motivi) Macivuolemolto ??
Scusa Murphy se mi sono 1 po scaldato ma non ne posso più di questi dissociati bi/tri/polari alla guida della nostra vita.
Pienamente d’accordo sul fatto che la didattica (salvo località inaccessibili) va fatta FISICAMENTEAQUATTROCCHI, e BASTA.
Ti abbraccio, Oplite corazzato y portate bien
p.s. Considerando l’aria che tira, ti è mai venuto il dubbio che in un prossimo futuro, il vostro ruolo di docente potrebbe non essere più indispensabile, e letteralmente sostituito ?
Capisco benissimo di cosa parli uomo mascherato e condivido la preoccupazione. Shoshana Zuboff lo definisce “capitalismo di sorveglianza”….
Gran personaggio, veramente.
In parole povere , renderci tuti tuti “web junkies” with “electronic heroine” (con l’ eroina elettronica).
A proposito: da ieri sera la sardegna ha altazo i propri scudi fotonici, in previsione dell’imminente ” potenza di fuoco ” di carta straccia in arrivo da oltre mare… 😦
Cara Roberta, sarò franco e diretto anche io. Non capisco come mai tu non mi abbia chiamato per manifestarmi le tue perplessità. L’hai fatto altre volte e sai bene che il mio numero (a differenza di quanto succede generalmente per tanti altri docenti) non è un segreto e sono sempre disponibile a un confronto.
Tu dici: “La didattica a distanza specialmente per i bambini delle elementari ovviamente non può essere il portare avanti il programma”. Perfetto. Su questo siamo d’accordo, e aggiungerei che questo vale ancora di più per bambini delle prime classi. Allora cosa vorresti che io facessi (per non darti la sensazione di non volermi rimboccare le maniche e rubare lo stipendio che percepisco) oltre quello che faccio? Capisco il senso di abbandono che viviamo tutti in un momento come questo, ma non credo di aver lasciato i miei bambini da soli e mi dispiace che tu mi dica questo. Le 8 ore quotidiane della scuola di prima non possono essere sostituite da niente. Questo lo dobbiamo avere ben chiaro. Tuttavia già dall’inizio, quando ancora non era evidente cosa avremmo dovuto aspettarci, ho cercato di essere presente e vivere con i bambini anche questa esperienza. Le “schede di addizioni buttate lì dai maestri” (con un’espressione assai poco felice) erano molto di più. C’erano i problemi inventati per l’occasione che parlavano di noi, come abbiamo sempre fatto, c’erano i problemi di logica, c’erano i miei disegni e gli spunti alla riflessione e a un lavoro di elaborazione per la realizzazione di un volumetto che raccogliesse foto e pensieri di questa quarantena (aspetto ancora i contributi di molti bambini). Si abbinava quindi la necessità di rafforzare le competenze fin qui trasmesse e un lavoro nuovo, che interessasse l’aspetto emotivo di questa esperienza. Poi (problemi tecnici permettendo, che purtroppo ogni tanto accadono senza colpa di nessuno) abbiamo preso la decisione di vederci tutti insieme in video due volte alla settimana. Ho anche pensato, come forse ti è stato riferito, di aggiungere un incontro serale che ho intitolato: Tutti in pigiama! Il racconto della buonanotte, nel quale il maestro, anche lui in pigiama, legge ai bambini una storia.
Il momento è nuovo anche per me, cerco modi e strade, ma non mi sembra proprio di aver abbandonato i bambini.
Magari questa discussione continuiamola con un confronto diretto e non qui.
Caro maestro, ti becchi da me una bella nota per aver ritardato questo post!
In cinque anni, anche senza confronto diretto, mi hai dato diversi spunti di riflessione su metodo/effetto/risultati.
Un abbraccio \m/
Andrea papà di Adriano
È passato solo un mese e molti di noi manifestano segni di insofferenza che a lungo andare produrrà ferite e cicatrici nell’anima già messa a dura prova. La scuola non riaprirà, ma non si può pensare ai programmi in questa situazione surreale. Da ieri, nella mia scuola è attiva una piattaforma per la didattica, che io non userò. Continuerò a sentire i bambini ogni giorno, a tutte le ore del giorno, quando loro vogliono. Mi mandano i loro pensieri, le loro paure, i desideri. Io non posso far altro che star loro vicina e incoraggiarli. La loro serenità è più importante di mille schede. Propongo anche qualche lavoretto, perché no? Qualcosa che li faccia divertire. I suggerimenti spesso arrivano da loro. Quando si tornerà preferisco ritrovare i bambini e non il programma finito. Voglio ricominciare dai bambini e non da pagina 990.
Bellissime parole Andreana