Io, la gomma da cancellare, se potessi, la toglierei da tutti gli astucci dei bambini. Se ne potrebbe fare a meno e si vivrebbe bene lo stesso, anzi. Anche meglio. Hai sbagliato a scrivere qualcosa? Ci fai sopra una riga e vai avanti. Ti sembra di aver fatto un errore mentre disegni? Guarda quell’errore. Può darsi che ne esca qualcosa di inatteso e se proprio non ti piace correggilo usando le matite.
Invece no. Nelle classi è tutto uno scrivere e un cancellare. E le gomme non bastano. Ci sono anche i bianchetti in tutte le loro varianti, che regalano macchie e strisciate di bianco come a restituire magicamente quel candore che l’errore avrebbe colpevolmente compromesso.
Ma una parola sbagliata o un calcolo fatto male sul quaderno di un bambino non sono incidenti disdicevoli. Non sono qualcosa di cui vergognarsi e far sparire il prima possibile. Tutto il contrario. L’errore potrebbe essere perfino utile. Perché può far conoscere al maestro la fragilità del proprio messaggio, la fallibilità del proprio lavoro. Può aiutarlo a capire dove il bambino ha bisogno di una spiegazione in più.
Si viene a scuola per sbagliare. Questo ai bambini bisogna dirglielo. E tranquillizzarli. Liberarli da quella brutta malattia che è la ricerca di una perfezione senza mai errori. Chiunque può sbagliare. Anche questo bisogna che i bambini lo sappiano. Crescere, farsi adulti, non significa diventare infallibili.
Una volta, esasperato da una bambina che impiegava quasi tutto il suo tempo a cancellare, ho preso la sua gomma e me la sono mangiata. Ma non era tanto la gomma che volessi mangiare, quanto l’insoddisfazione che quella bambina provava fino al punto di credere che una palude di errori la stava inghiottendo. Sugli errori invece dobbiamo camminarci sopra. Perché è sempre dagli errori che si riparte.