È venerdì pomeriggio. Siamo tutti un po’ stanchi. Ci si mette anche questa giornata strana di primavera, che primavera non è. Fa freddo, c’è vento, e perfino qualche goccia di pioggia. I bambini si agitano. Cuccioli privi di filtri e architetture difensive risentono del tempo più di quanto non sembri. Irrequieti per la stanchezza unita a questa giornata uggiosa, perdono facilmente l’ascolto di se stessi. C’è bisogno di un piano b.
Lasciamo perdere la matematica, non è il caso di insistere. Prendo lo stereo dall’armadio. Facciamo musica. La musica è proprio quello che ci vuole per rimettere in funzione l’ascolto di se stessi e le proprie emozioni. Per ritrovare il timone.
Abbasso un po’ le serrande e spengo i neon del soffitto. La luce che resta è quella giusta. Basta e avanza. L’ambiente in penombra si fa di colpo più accogliente. Consegno ai bambini dei fogli bianchi. Guidati dalla musica dovranno provare a tradurre le proprie emozioni in un disegno, lasciando che le mani corrano libere dove vogliono. Dobbiamo cercare di addormentare il cervello e lasciare che il cuore prenda il comando delle operazioni. Non dobbiamo pensare. Per questo vieto l’uso della gomma per cancellare e della matita di grafite. Bisognerà lavorare direttamente con i colori. In silenzio.
Scelgo di far ascoltare Greensleeves nella doppia versione dei Blackmore’s Night e dei Jethro Tull, che ripropongo a seguire senza interruzioni, come fosse il mantra di cui abbiamo bisogno per riattivare un circuito interrotto. Mi siedo al posto di un bambino assente e disegno anche io.
L’effetto è quello sperato. I bambini lavorano per quasi un’ora in assoluto silenzio. Insieme alla musica si sentono soltanto le matite colorate camminare o correre sui fogli. Alla fine raccogliamo le nostre opere. Le attaccheremo al muro. La quiete che oggi sembrava sfuggirci è stata ritrovata. Ci meritiamo proprio una bella merenda. K: «abbiamo fatto una cosa faticosa ma molto bella». G: «io mica ho capito cosa ho disegnato».
M si avvicina al maestro che ha preso tutti i disegni. «Posso dare un rintocco?» Certo che puoi. Le restituisco il suo lavoro. M ha proprio ragione, nel silenzio di questo pezzetto di venerdì sembrava davvero di sentire le campane di una festa.
lo voglio fare anche io a casa! Grazie maestro flavio, quando mi sposi? 🙂
veramente pensavo di chiedere a mia moglie di sposarmi ancora almeno nelle prossime 5 vite, ma se lei (ormai libera aquila nel cielo) dovesse rifiutarmi, beh, allora fatti trovare in zona…
ok, preparo il velo!
io invece pensavo di iscrivermi nuovamente alle elementari! bravo McM