Quale poesia

dicembreNatale. Da bambino arrivava sempre il momento di recitare, al cospetto di una tavolata silenziosa di parenti, la poesia imparata a scuola per l’occasione. Ogni bambino della famiglia aveva il suo attimo di gloria, o di terrore, a seconda della sua indole. A quel tempo la scuola di suore che frequentavo non mi lasciava troppe alternative. Le mie poesie erano inevitabilmente farcite di parole come Betlemme, stelle comete, mangiatoie, cuori e amori.

Oggi, da maestro, ripenso a quei momenti con malinconia. Per il tempo che passa, certamente, ma anche per le occasioni sprecate.

Il fatto che i bambini  uniscano una straordinaria capacità ad apprendere e un hard disk con spazio giga illimitato, non dovrebbe legittimare tanta leggerezza. Allo stesso modo, se anche vivessi in un appartamento di 800 metri quadrati, ai miei amici non sarebbe concesso di lasciarmi a casa inutili cianfrusaglie. Quando si ha l’opportunità di intarsiare la memoria del bambino con una traccia indelebile, bisognerebbe avere tutta la cura e l’attenzione che un tale privilegio comporta.

Che un bambino sappia conservare per tutta la vita una poesia imparata a memoria non ci autorizza a mettergli dentro la testa quello che ci pare. Al contrario ci dovremmo sentire custodi di una responsabilità che pesa.  

Non solo a Natale.

Io non lo so che cosa avesse in mente la maestra quando, quasi alla fine della scuola, si adoperò affinché restassero stampati per sempre nella mia memoria i versi di Giovanni Pascoli presi dalla poesia Dieci Agosto.

Ritornava una rondine al tetto:
l’uccisero: cadde tra i spini;
ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.

Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell’ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.

Anche un uomo tornava al suo nido:
l’uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono.

Che Giovanni Pascoli sia un grandissimo poeta non si discute. Che fosse piuttosto amareggiato dalle proprie sfortune e non perdesse occasione di farcele pesare, pure su questo non ci piove. Ma perché, cara maestra, mi piacerebbe chiedere ora. Perché depositare nella stiva della memoria di un bambino di nove anni così tanto tormento? Evviva allora la banalità delle poesie cuore e amore. Quelle almeno non fanno male.

p.s.
La copertina (Dicembre) è opera del grande Danijel Zezelj.

Informazioni su RP McMurphy

Chito e RP McMurphy vivono a Roma, ma qualcuno giura di averli visti più volte dalle parti di Maracaibo. Hanno un amore dichiarato verso tutti i sud del mondo e un’istintiva simpatia per chi vive ai margini.
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Una risposta a Quale poesia

  1. Ubudafnr ha detto:

    Ma quanto é bella l’ultima strofa di questa poesia. Atea, arrabbiata, crudele e per nulla infantile

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