Ci sono posti meravigliosi. Poi c’è il ricordo di posti meravigliosi. Ci sono angoli incredibili, dentro la foresta, e incanti che ti sembrano fatti di una pietra che vincerà la sua sfida col tempo. Poi c’è il silenzio delle rovine senza più neanche la memoria di un crollo e del rumore che fa la pietra quando si sbriciola. Perché ormai la pietra è lì, fatta di pezzi e promesse non mantenute.
La scuola pubblica è sempre di più l’ombra di se stessa. Una copia sbiadita di quello che dovrebbe essere, una sorgente ostruita dalle ipocrisie e dalle disposizioni utili solo a far crescere una burocrazia arzigogolata e capziosa. Ha perso il suo coraggio e ha dimenticato ciò che dovrebbe garantire.
La Dad favorisce questo processo. Abbandonato presto il vestito elegante della risorsa provvidenziale messa in campo in momenti di emergenza, si sta rivelando per quello che è, e, bisogna avere l’onestà di ammettere, è sempre stata. Un abominio. Un acceleratore che spara dritti nella direzione sbagliata.
Il percorso educativo per essere un reale cammino di crescita personale, per innescare entusiasmi, non può fare a meno della relazione. Una relazione che si dovrebbe costruire e instaurare, in modo esclusivo, tra l’insegnante e ognuno dei suoi studenti, così come tra gli studenti stessi, il gruppo classe composto da trame e molteplici intrecci.
Qualsiasi relazione ha bisogno di una presenza reale. Della condivisione di spazi concreti e di momenti autentici. I bambini della mia terza elementare, ridotti in quadratini solitari, messi insieme solo da un monitor e un collegamento a una piattaforma, sono appiattiti, mortificati nella propria energia vitale. Forse impareranno le equivalenze, ma di sicuro la loro partecipazione implica sempre meno complicità. Così un concorso di colpa dialogico si trasforma sempre di più in una semplice somministrazione di nozioni.
Eppure c’è chi chiede più ore di didattica a distanza. Sincrona, asincrona, a rime baciate o a quadretti. Quale didattica vorrei direi a questi ottenebrati osservatori del dito. C’era una luna incantevole là fuori. Non l’abbiamo più saputa guardare.
Porca miseria fare scuola è accendere relazioni, non computer.
Hai ragione maestro Flavio questa scuola a distanza è un guaio per tutte le età, sia per i tuoi piccoli sia per gli universitari. Ma il fatto è che la pandemia esiste e bisogna combatterla, anche se occorrono due o tre anni. Quali soluzioni alternative proporresti?
Un abbraccio, nonnalaura
Ciao nonnalaura! Forse se avessimo cura di costruire e mantenere le scuole come luoghi preziosi, fatti di spazi e strutture idonee, forse se la smettessimo di zeppare alunni e professori come sottoaceti in barattoli trascurati dove tutti finiscono per avere lo stesso indistinto sapore, forse se invece di parlare estati intere di banchi con le rotelle formassimo classi con un numero inferiore di alunni, potremmo avere quei luoghi sicuri di cui in un momento come questo si avverte tanto il bisogno, ma che certamente sarebbero necessari anche in tempi di normalità.
A me sembra però che le scuole, per i salti mortali di tutti quelli che, a vario titolo, le scuole le frequentano, non siano i luoghi dove si sviluppa il contagio. Quei luoghi sono piuttosto fuori. Una società evoluta non chiude scuole e teatri, ma fa lo sforzo di organizzarsi con maggior attenzione.
Quello che volevo esprimere però non è una critica alla dad come tentativo estremo di salvare il salvabile, piuttosto una critica al giudizio di coloro che nella dad vedono una risorsa moderna per la scuola di domani.
😂Quella dei barattoli trascurati di sottaceti è carina… rende bene l’idea!