Da bambino non mi piaceva la divisione. Me lo ricordo. Tra le quattro operazioni era di sicuro quella che mi stava più antipatica. Sarà stato per il fatto che a svolgerla in colonna veniva fuori una struttura molto diversa dalle altre. A ben guardare colonna non si poteva neanche chiamare, dato che finiva spesso per occupare uno spazio inaspettato, fuori dai margini che avevo previsto di assegnarle.
Chissà se la mia antipatia nascesse invece soltanto dalla diversa inclinazione e chiarezza che aveva avuto la mia maestra nell’insegnarla. Magari la divisione non piaceva neanche a lei. Così la mia avversione finirebbe per spiegarsi semplicemente come una conseguenza inevitabile. Ecco, penso a questo mentre in questi giorni presento ai bambini il concetto di ripartizione come introduzione alle operazioni di divisione. Vorrei che loro non nutrissero la stessa antipatia che provavo io alla loro età.
Vorrei raccontare ai bambini che la divisione è capace di fare incantesimi. Che tra le quattro operazioni è quella che spiega meglio l’animale sociale che siamo. Che l’idea stessa di dividere è bellissima. Perché dividere non è mai rinunciare a qualcosa, non significa abbandonare o diventare più poveri, ma distribuire, spartire, mettere in comunione, sentirsi parte di un gruppo e partecipare a uno stesso destino. La divisione riunisce e ricongiunge, ecco il prodigio. Così dividono qualcosa le persone che crescono e vivono insieme, gli amici, gli abitanti di una stessa città, le persone che si amano e perfino coloro che discutono. La divisione è un miracolo.
È vero la matematica è anche un’opinione… c’è un principio estraneo al calcolo, come scriveva Maria Montessori nella sua Psicoaritmetica:
“Per rendere chiara l’operazione, possiamo presentarla al bambino con procedimento attivo, facendo in modo che la suddivisione di una quantità abbia luogo fra alcune persone, cioè tra i bambini stessi che la eseguono praticamente in quella forma primitiva utilizzata da persone senza cultura e che non sanno “far di conto”. Gli oggetti vengono distribuiti a uno a uno, fino a che la quantità rimanente non è più sufficiente a soddisfare in eguale misura le persone fra cui deve essere divisa. Questo principio, estraneo al calcolo, serve per dare l’idea dell’operazione come realtà. Analogamente a quanto detto per le altre operazioni, anche nella divisione c’è, nella sua essenza, una situazione di principio, che non è da confondersi né col calcolo, né col sistema decimale”
Grazie per la riflessione Laura. In effetti è proprio così. Anche nelle quattro elementari operazioni ci sono principi e profondità che vanno molto al di là della semplice idea di calcolo.