Sono sempre di più le occasioni in cui la scuola e i genitori si scontrano in un clima da film western. Il sistema del resto ha trasformato le scuole in aziende e le famiglie in clienti. E i clienti, si sa, pretendono. Può succedere che siano nel giusto, intervenendo a correggere abulie, assenze e inefficienze di un apparato cervellotico che si inceppa anche nel semplice uso del buon senso. Altre volte sbagliano.
I genitori sono il motore primo di qualsiasi istituto scolastico. È una concezione nuova di scuola se paragonata a quella di anni fa, quando un Open Day non si sapeva cosa fosse e un genitore varcava la soglia della presidenza sempre con una certa deferenza e l’eccezionalità di un pinguino nel Mediterraneo. Oggi il rapporto tra scuola e famiglia si è fatto più stretto. Un modello che sarebbe certamente auspicabile se le energie spese dalle due parti andassero nella stessa direzione. Peccato però che nella maggioranza dei casi scuola e famiglia si trovino invece su posizioni antagoniste.
La scuola è troppe volte distratta e con facilità finisce per perdere di vista il processo di crescita dei ragazzi che prende in custodia. Spesso anche le normali attenzioni che ci si aspetterebbe fossero garantite vengono disattese. Allora le famiglie intervengono e ragionevolmente cercano di aggiustare le cose.
Una scuola costringe una bambina di prima elementare con gravi disabilità motorie a quattro rampe di scale ogni giorno. Le comprensibili obiezioni dei docenti finiscono per sbattere contro un muro di gomma. Il caso vuole che la mamma di quella bambina sia un avvocato. Le basta una lettera per rimettere le cose a posto. La classe della bambina viene spostata al primo piano.
Il cortile di una scuola è da mesi misteriosamente occupato da transenne che circondano grossi volumi imballati di non specificata natura. La curiosità del corpo insegnante non basta a svelare l’arcano. Soltanto l’intervento del comitato genitori porta al risultato di raggiungere la verità e risolvere la questione. Si tratta di grossi quantitativi di amianto rimosso dalle terrazze dell’Istituto. I genitori si mobilitano fino al coinvolgimento delle autorità competenti, il conseguente arrivo della ditta qualificata per lo smaltimento e la definitiva bonifica del cortile.
Poi c’è l’altra faccia della medaglia.
Un ragazzo copia da internet la traduzione di un testo di latino durante un compito in classe. L’insegnante se ne accorge perché il ragazzo ha copiato il testo nella sua versione integrale, senza accorgersi di aver aggiunto una parte che sul compito non era richiesta. Il docente mostra apertamente il suo disappunto. Apriti cielo. Il ragazzo si dichiara ostinatamente innocente e nel bel mezzo di un convulso attacco di pianto prende il telefono e chiama il settimo cavalleria. I genitori, abbandonando i rispettivi luoghi di lavoro, arrivano a scuola come due furie, gridando che nessuno può permettersi di mettere in dubbio l’onestà del proprio figlio. L’insegnante verrà subissato da lettere, minacce, offese e mortificazioni. Convocato perfino in presidenza. Come se fosse lui, e non il suo studente, a dover dare spiegazioni.
Adesso il genitore che entra con arroganza nella scuola pretendendo chiarimenti sul torto subìto dal proprio figlio è purtroppo una normalità. Il figlio va difeso incondizionatamente. Non è mai colpa sua. Poco importa se poi crescerà incapace di assumersi qualsiasi responsabilità e resterà fragile al punto da volare via al primo refolo che la vita gli riserverà. Non c’è scuola secondaria che non annoveri un lungo elenco di contenziosi amministrativi con genitori che contestano la valutazione dei propri figli, che rivendicano il diritto di accedere agli atti pretendendo la consegna dei compiti in classe, che sono pronti a mettere in campo una squadra di esperti della materia come periti di parte e accertamenti di psicologi che attestino il grave stato di prostrazione nel quale è caduto irreparabilmente il ragazzo per le umiliazioni patite. Che minacciano per questo ricorsi, vie legali o cambi di scuola.
La scuola azienda per sopravvivere ha bisogno che il numero dei suoi clienti non scenda oltre certi limiti fissati con esagerata austerità, pena l’estinzione e l’accorpamento a un altro Istituto. Questo consegna alle famiglie un potere che una volta non avevano. Se mia madre, dietro una qualche irragionevole pretesa, si fosse trovata a minacciare di cambiarmi scuola e di portarsi dietro le due o tre famiglie di amici che frequentavano la stessa classe, avrebbe fatto venire un attacco al mio preside che per le risate sarebbe stato costretto a tenersi la pancia. Adesso, quando i genitori minacciano una diaspora, la campana della chiesa rintocca e i dirigenti scolastici iniziano a sudare.
Ma che destino attende un paese la cui scuola non riesce o non vuole più essere autorevole e credibile? Quello di un paese affollato da frequentatori di sale bingo e inebetiti consumatori seriali di partite di calcio e isole dei famosi.
p.s.
In copertina Burt Lancaster e Kirk Douglas in una delle scene finali del film Gunfight at the OK Corral diretto da John Sturges (1957).