In Messico è in corso una mattanza, ma il mondo tace. A cercare certe notizie si fa fatica. Del resto se nel passato la comunità internazionale è stata capace di rimanere muta davanti agli orrori di tante dittature latinoamericane, figuriamoci adesso. Il Messico è formalmente uno stato democratico, dichiaratamente cattolico, satellite subordinato alla politica degli Stati Uniti. Non sono fattori trascurabili. Di sicuro bastano per continuare a far finta di niente.
I numeri invece provano a spiegare che il Messico non è solo le spiagge dello Yucatan o le piramidi maya di Chichén Itzá, ma uno dei posti più violenti e più pericolosi del pianeta, con un grado di efferatezza (decapitazioni, mutilazioni, impiccagioni, torture) non inferiore alla ferocia mostrata dai miliziani dell’Isis in Iraq o dagli uomini di Boko Haram in Nigeria.
A contare il numero di morti ammazzati (più di 60 mila negli ultimi 5 anni), di femminicidi (vengono uccise 6 donne al giorno, e non solo a Ciudad Juárez) e di desaparecidos, viene fuori la fotografia di un paese in piena tragedia, nel quale la corruzione è profondamente radicata all’interno delle istituzioni e il problema del narcotraffico è soltanto una parte del dramma.
A essere messe seriamente in discussione sono proprio la libertà e la democrazia. Il mondo, però, tace. Chi invece prova a raccontarlo dall’interno firma la propria condanna a morte. Il Messico è infatti uno dei luoghi più pericolosi al mondo per chi svolge la professione di giornalista. Sono centinaia i giornalisti uccisi in questi anni per aver scelto di correre il rischio di stare dalla parte della verità.
I principali autori di tali crimini non sono i narcotrafficanti, ma i funzionari pubblici, l’esercito e le forze di polizia. «Cosa vuoi che gliene importi ai narcos se scriviamo che trafficano droga o ammazzano. Ci ammazzano perché diciamo cosa fa lo Stato, cosa fa la polizia, per quello ti sequestrano e ti fanno fuori. Non sono i narcos, è lo Stato che vuole farci tacere» raccontava nel 2012 il fotografo della rivista politica Proceso, German Canseco.
José Moisés Sánchez Cerezo viene sequestrato il 2 gennaio 2015 a Medellín, nello stato di Veracruz. Nonostante le numerose minacce di morte ricevute in seguito alle sue inchieste, ha continuato a pubblicare articoli di denuncia nei confronti del governatore locale, Javier Duarte de Ochoa. Il giornalista verrà trovato dentro un sacco della spazzatura, fatto a pezzi e senza testa. Aveva 49 anni.
p.s.
In copertina una veglia a Citta del Messico per ricordare tutti i giornalisti assassinati
Il fatto è che non dovremmo avere bisogno di eroi. Abbiamo, nelle situazioni estreme come quella messicana, ma anche in quelle che solo per pigrizia consideriamo “normali”, necessità di persone solide, capaci di giocarsi tutto per un’utopia, consapevoli della propria paura, ma disposti a passarci attraverso. Penso, per analogia con la situazione del “muro” che divide il Messico dagli USA, alla tragedia dei migranti qui, in Italia. Siamo anche noi in stato di eccezione, costringiamo migliaia di persone in situazioni umilianti, consentendo a criminali di lucrare su di loro (vedi il caso Buzzi, a Roma), ai politici di proteggerli, al senso comune di farne capro espiatorio per il nostro risentimento sociale. Manteniamo una acefala normale indifferenza.
Gli eroi? “persone solide, capaci di giocarsi tutto per un’utopia, consapevoli della propria paura, ma disposti a passarci attraverso”, non sono forse questo gli eroi? Non dovremmo averne bisogno, dici. Sì, ma è un’illusione. 4000 anni di storia del genere umano e cosa viene fuori? Nessuna civiltà, nessun periodo, nessun angolo del pianeta, ha potuto farne a meno.
Sì, è così. Ma, non è un’illusione la mia (un vedere quel che non c’è perché non può esserci, una costruzione cognitivo-affettiva legata al desiderio, fittizia, improbabile), è parte dell’utopia che condividiamo.
Di quanti altri eroi avrà bisogno il Messico, il mondo, ora che il presidente USA intende costruire un muro? Quanti anni dovremo poi aspettare per vederlo venir giù a picconate? Corsi e ricorsi storici…non abbiamo imparato niente!