In generale non mi sorprende il fatto che a certuni possa venire in mente una cattiva idea, né che quell’idea possa essere spacciata per buona e qualcuno inizi pure a condividerla. Quello che mi ha sempre impressionato è piuttosto il silenzio di tutti gli altri, di quelli che in quell’idea non credono, di coloro che quell’idea magari la disapprovano, ma si voltano dall’altra parte, non guardano, fanno finta di niente.
Quello che succede allora è che la cattiva idea cresce, va in giro indisturbata, si guarda allo specchio, si trova bella e alcune volte arriva anche a mettersi il vestito migliore possibile, quello di regolamento o perfino di legge dello Stato.
Le cattive idee portano però tutte l’indecente richiesta di un tributo e aprono ferite che nel tempo sarà poi difficile rimarginare. La storia dell’uomo ce lo insegnerebbe. Il condizionale è d’obbligo perché, bisogna ammetterlo, la memoria non è proprio il nostro forte. Non si spiega altrimenti come mai continuiamo a fare gli stessi brutti errori. E perché certe cattive idee, idee di pochi, finiscano per condizionare la vita di tutti. È stato così in passato. È così anche adesso.
Siamo generalmente un popolo di indifferenti. Lo scriveva già Leopardi nel suo Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’Italiani. Non abbiamo a cuore il bene comune, pensiamo prima di tutto a noi stessi. Tutto ci scorre davanti senza che mai l’esercizio del malcontento generi un’indignazione in grado di costruire qualcosa di concretamente alternativo. Preferiamo mormorare a mezza bocca.
Facciamo un esempio. Guardiamo il mondo della scuola. Non proprio un ambito qualsiasi, ma quello a cui il nostro sistema di organizzazione sociale affida il compito di curare la formazione delle future generazioni, di seguirle passo passo nel loro cammino di maturazione.
Ci si dovrebbe aspettare allora che gli uomini e le donne che popolano il mondo della scuola, investiti come sono di un incarico così delicato, rappresentino una sorte di ordine di eletti. Bravi a tenere il timone in direzione di alti ideali, preparati a essere modelli di coerenza. Ma non è così.
I docenti non sono granché diversi dal comune cittadino che, facendo finta di niente, non rispetta la fila o gioisce quando scopre che il barista si è sbagliato nel dargli più resto del dovuto. O da quello che si butta sul buffet perché è gratis e fa un passo indietro quando è insieme ad altri e c’è da pagare qualcosa.
Non bastano le competenze per essere un buon docente, allo stesso modo come la semplice conoscenza delle Sacre Scritture non è sufficiente perché un prete sia un uomo capace di farsi contagio verso Dio. Quello che serve è la testimonianza di una vita indomabile spesa senza fare conti, senza guardare le proprie tasche, correndo dietro ai sogni di chi interra semi e mette a dimora talee, affinché la pianta della cultura possa perpetuarsi. È questa la sostanza di cui dovrebbe essere fatta la stoffa del tuo vestito, se hai scelto di fare l’insegnante.
Davanti all’assurdità delle leggi razziali del 1938, che determinarono l’allontanamento coatto di tanti ragazzi e professori dalla scuola pubblica italiana, l’intera classe docente restò muta. Sparirono di colpo tanti allievi e colleghi, ma gli insegnanti si voltarono tutti per non guardare. In Italia, su decine di migliaia di docenti, soltanto in 12 osarono obiettare al fascismo, e per questo furono destituiti dai propri incarichi. Come ebbe a dire l’esule Gaetano Salvemini Nessun professore di storia contemporanea, nessun professore di italiano, nessuno di coloro che in passato s’erano vantati di essere socialisti, aveva sacrificato lo stipendio alle convinzioni così baldanzosamente esibite in tempi di bonaccia.
La storia si ripete. Anche oggi stiamo assistendo, in un certo senso, alla scomparsa di qualcuno. Si tratta delle future generazioni come avrebbero potuto essere e invece non saranno. Colpa di una scuola che ha perso per strada la sua vocazione formativa, e di una classe docente che, come ai tempi di Salvemini, per larga parte ha rinunciato a ideali di libertà, dignità e coerenza interiore.
Sebbene molti segnali allarmanti siano certamente visibili anche dall’esterno, non so bene quale sia la percezione che, da fuori, si possa avere della sistematica opera di smantellamento messa in atto ai danni della Scuola Pubblica dagli anni ’90 ad oggi (da Luigi Berlinguer in poi, per intenderci). Per chi sta dentro è molto più facile rendersene conto. La Scuola Pubblica è costantemente oltraggiata, venduta e sacrificata pezzo per pezzo sull’altare dell’economia di mercato. Ma cosa hanno fatto i docenti in questi anni? Cosa fanno oggi, per esempio, gli insegnanti in larga maggioranza contrari alla Buona Scuola, ultimo atto di una politica scriteriata che mira alla costruzione di consumatori e non vuole teste pensanti?
Una pletora di inerti, disinteressati, pigri, timorosi è tornata a camminare nei corridoi delle nostre scuole. Gli insegnanti.
Ero poco più di un ragazzo quando conobbi Ugo Pirro. Lui aveva già scritto sceneggiature come Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto e La classe operaia va in paradiso. Lo rincontrassi adesso (Ugo Pirro è morto nel 2008 all’età di 88 anni) gli direi che io della classe operaia non so ancora quasi niente. Una cosa però aggiungerei senza timore di essere smentito. La classe docente in paradiso non ci va di sicuro.
0- So che le tue battaglie non sono fatte in nome degli interessi di categoria, o personali, e che le porti avanti in assoluta buona fede perché, a tuo parere, attaccano alla radice le nuove generazioni. Che sei profondamente avverso ai fondamenti filosofici e antropologici della Riforma della Buona Scuola. Tutto quello che segue è frutto solo di elucubrazioni generali, ne faccio più una questione di forma che non di sostanza. Il vero titolo non è la buona scuola, piuttosto il buon nemico.
0.1- Ti rispondo solo perché ho a cuore te, le tue idee, il confronto, la dialettica, il disaccordo come strumento di crescita.
1 Non mi pare che in generale ci sia silenzio intorno alla riforma orrendamente nominata la Buona Scuola. Chi è contro lo dice, lo grida e lo ha gridato forte.
2- In un articolo in cui si attacca una riforma della scuola, nominare le Leggi Razziali per difendere le proprie ragioni mi sembra un fallo da rosso diretto per eccesso di foga agonistica.
2.1- Paventare la fine di un futuro per le nuove generazioni a causa di questa riforma, gettate così nelle logiche mercatistiche e neoliberiste, piangere quello che avrebbero potuto essere, e non domandarsi anche quali danni le vecchie riforme della scuola hanno nel tempo arrecato alle generazioni precedenti, è un errore logico e storico. Legare con un nesso di causa effetto due fenomeni appartenenti ad ordini di grandezza diversi dove la causa è in realtà una delle con-cause, e dove l’effetto sarebbe figlio di un ventre materno troppo giovane per averlo concepito. La disgregazione della società attuale non è effetto della buona scuola. E il nesso buona scuola – disastri futuri è un’ipotesi plausibile, ma non è un fatto.
3- Sono più curioso di inquadrare il nuovo panorama e impiegare le mie forze per cercare di cambiarlo piuttosto che alzare il tavolo e gridare al disastro
3.1- La riforma della scuola la si può emendare. Nessuna legge è perfetta. Tanto meno questa. Che a mio parere ha molti difetti, ma ha anche molti pregi, soprattutto se raffrontata con tutti gli elementi negativi che la vecchia scuola aveva prodotto e cristallizzato negli anni. Come sempre i cambiamenti si portano dietro una ferita. Non sempre è necessaria una rivoluzione, a volte si può correre il rischio di essere riformisti.
4- Farsi portavoce della verità accusando il fatto che tutto quello che riceviamo in risposta dai cointeressati sia silenzio e basta, ignora il fatto che il silenzio può essere figlio di ragioni diverse da quelle da te interpretate. Interpretare il silenzio della maggioranza silenziosa come figlio dell’omertà, della paura o dell’ignavia non fa onore all’intelligenza dei colleghi ne tantomeno alla propria. Se per me la Roma di Zeman è la migliore possibile, non devo credere che il silenzio che mi circonda quando propugno un suo ritorno sia figlio per forza di chissà quali espressioni deteriori del carattere dei tifosi romanisti. Potrà essere che esistano al mondo Capelliani, Mazzoniani, Spallettiani ecc e che semplicemente tutti costoro (a torto o a ragione non sta a me giudicarlo) non mostrano la mia stessa urgenza di richiamare in panchina il boemo.
5- Il clamore non è un buon metro di giudizio.
5.1- Quando anche una grande massa vociasse contro una riforma, questo non testimonierebbe necessariamente a favore della validità delle tesi sostenute. Grandi errori hanno avuto grande sostegno. Grandi innovazioni hanno ricevuto pochissimi applausi. E viceversa.
6- Non devo fare una caricatura delle ragioni dell’altro, non posso costruirmi un cattivo dotato di tutte le nefandezze contro cui lottare, ma devo sforzarmi di essere onesto intellettualmente e costruirmi il miglior nemico possibile, per fare pulizia tra i miei argomenti.
7- Il mondo della scuola è un pezzo di società. Tre le componenti principali, direttamente interessate, gli studenti, il corpo insegnante, le famiglie. Ma in primo luogo gli studenti. Quelle che sono le problematiche degli insegnanti legate alle innovazioni (o peggioramenti) della loro condizione lavorativa possono essere oggetto di lotta sindacale e contrattuale, ma non devono mischiarsi alle ragioni della lotta contro la riforma.
7.1- Rileggersi il punto 0 prima di andare avanti.
7.1.1 – Il mondo della scuola ha questi tre soggetti direttamente interessati, ma è tutta la società ad essere investita in maniera indiretta del suo riordinamento. Attualmente le voci contro la buona scuola sono per lo più quelle dei docenti scontenti. Come pubblico impiego assisto ogni giorno a campagne denigratorie (a ragione o a torto) della categoria, non mi sognerei mai di contrastare leggi assurde come quella Brunetta parlando di attentato ai valori della Costituzione, o della mia dignità, o di quella della mia categoria, con toni da guerra civile. Faccio di tutto per poter cambiare quelle leggi e la cultura di fondo che le ha generate, cerco di testimoniare e incarnare nei fatti un modo diverso di essere impiegato pubblico, ma ritengo assolutamente normale il fatto che un governo attui le proprie politiche anche contro i miei interessi personali o di categoria. Ho degli strumenti di lotta e contrasto. Se la popolazione continua a percepire in maniera errata, a mio modesto parere, una problematica, non devo necessariamente pensare che sia in atto un attentato all’ordinamento dello Stato, o una ferita inflitta alla Società. Nel campo della Sanità sono stati fatti errori enormi. Errori e illeciti, che incidono in maniera evidente nella vita delle persone. Ripensare la Sanità pubblica è un dovere per me. Ma possono esistere visioni in contrasto con la mia? Può esistere un pensiero legato all’Azienda ospedaliera più liberista del mio, e accettando il fatto che non è il mio, trovare argomentazioni nella raffigurazione di tutti gli scandali che questa impostazione ha generato non decide della correttezza della mia posizione, perché anche il mondo preistorico delle USL ha creato scandali malasanità e distorcimenti assurdi legati a clientele e ruberie.
8- Il contrasto alla buona scuola necessita di un’impostazione pragmatica e costruttiva. Accettare questo vuol dire migliorare lo stato di cose esistente. Fare le barricate, circondato dal silenzio (a me non pare, ma tu lo lamenti) non ha senso.
8.1- Un dipendente pubblico opera e rispetta nell’abito delle leggi vigenti. Kantianamente può e deve fare un uso pubblico della ragione, per far cambiare le idee alle persone, alla politica.
8.1.1- Come non sopporto (pur essendo personalmente contrario all’aborto) i medici obiettori di coscienza (perché se accetti un lavoro pubblico e firmi un contratto, quello devi fare, rispettare le leggi ed hai sempre la libertà di stracciarlo quel contratto se ritieni di non potervi aderire) così non sopporto coloro che in ogni contesto, ma soprattutto nel pubblico, lavorano come sabotatori.
9- Alla radice la Buona Scuola, è probabilmente basata su presupposti ideologici a me lontani. Comunque credo fortemente che sia una figlia ingrata
9.1- La buona scuola offrirà un futuro migliore di quello che i suoi genitori avevano pensato per lei, quali che ne siano state le fondamenta filosofiche.
9.2- Il futuro potrà rendere la scuola migliore, e noi potremo essere soggetti attivi di questo cambiamento. Rimanere impigliati nei sogni e negli incubi del passato non ci renderà la figlia che sognavamo.
0- So che le tue battaglie non sono fatte in nome degli interessi di categoria, o personali, e che le porti avanti in assoluta buona fede perché, a tuo parere, attaccano alla radice le nuove generazioni. Che sei profondamente avverso ai fondamenti filosofici e antropologici della Riforma della Buona Scuola. Tutto quello che segue è frutto solo di elucubrazioni generali, ne faccio più una questione di forma che non di sostanza. Il vero titolo non è la buona scuola, piuttosto il buon nemico.
0.1- Ti rispondo solo perché ho a cuore te, le tue idee, il confronto, la dialettica, il disaccordo come strumento di crescita.
1 Non mi pare che in generale ci sia silenzio intorno alla riforma orrendamente nominata la Buona Scuola. Chi è contro lo dice, lo grida e lo ha gridato forte.
2- In un articolo in cui si attacca una riforma della scuola, nominare le Leggi Razziali per difendere le proprie ragioni mi sembra un fallo da rosso diretto per eccesso di foga agonistica.
2.1- Paventare la fine di un futuro per le nuove generazioni a causa di questa riforma, gettate così nelle logiche mercatistiche e neoliberiste, piangere quello che avrebbero potuto essere, e non domandarsi anche quali danni le vecchie riforme della scuola hanno nel tempo arrecato alle generazioni precedenti, è un errore logico e storico. Legare con un nesso di causa effetto due fenomeni appartenenti ad ordini di grandezza diversi dove la causa è in realtà una delle con-cause, e dove l’effetto sarebbe figlio di un ventre materno troppo giovane per averlo concepito. La disgregazione della società attuale non è effetto della buona scuola. E il nesso buona scuola – disastri futuri è un’ipotesi plausibile, ma non è un fatto.
3- Sono più curioso di inquadrare il nuovo panorama e impiegare le mie forze per cercare di cambiarlo piuttosto che alzare il tavolo e gridare al disastro.
3.1- La riforma della scuola la si può emendare. Nessuna legge è perfetta. Tanto meno questa. Che a mio parere ha molti difetti, ma ha anche molti pregi, soprattutto se raffrontata con tutti gli elementi negativi che la vecchia scuola aveva prodotto e cristallizzato negli anni. Come sempre i cambiamenti si portano dietro una ferita. Non sempre è necessaria una rivoluzione, a volte si può correre il rischio di essere riformisti.
4- Farsi portavoce della verità accusando il fatto che tutto quello che riceviamo in risposta dai cointeressati sia silenzio e basta, ignora il fatto che il silenzio può essere figlio di ragioni diverse da quelle da te interpretate. Interpretare il silenzio della maggioranza silenziosa come figlio dell’omertà, della paura o dell’ignavia non fa onore all’intelligenza dei colleghi ne tantomeno alla propria. Se per me la Roma di Zeman è la migliore possibile, non devo credere che il silenzio che mi circonda quando propugno un suo ritorno sia figlio per forza di chissà quali espressioni deteriori del carattere dei tifosi romanisti. Potrà essere che esistano al mondo Capelliani, Mazzoniani, Spallettiani ecc e che semplicemente tutti costoro (a torto o a ragione non sta a me giudicarlo) non mostrano la mia stessa urgenza di richiamare in panchina il boemo.
5- Il clamore non è un buon metro di giudizio.
5.1- Quando anche una grande massa vociasse contro una riforma, questo non testimonierebbe necessariamente a favore della validità delle tesi sostenute. Grandi errori hanno avuto grande sostegno. Grandi innovazioni hanno ricevuto pochissimi applausi. E viceversa.
6- Non devo fare una caricatura delle ragioni dell’altro, non posso costruirmi un cattivo dotato di tutte le nefandezze contro cui lottare, ma devo sforzarmi di essere onesto intellettualmente e costruirmi il miglior nemico possibile, per fare pulizia tra i miei argomenti.
7- Il mondo della scuola è un pezzo di società. Tre le componenti principali, direttamente interessate, gli studenti, il corpo insegnante, le famiglie. Ma in primo luogo gli studenti. Quelle che sono le problematiche degli insegnanti legate alle innovazioni (o peggioramenti) della loro condizione lavorativa possono essere oggetto di lotta sindacale e contrattuale, ma non devono mischiarsi alle ragioni della lotta contro la riforma.
7.1- Rileggersi il punto 0 prima di andare avanti.
7.1.1 – Il mondo della scuola ha questi tre soggetti direttamente interessati, ma è tutta la società ad essere investita in maniera indiretta del suo riordinamento. Attualmente le voci contro la buona scuola sono per lo più quelle dei docenti scontenti. Come pubblico impiego assisto ogni giorno a campagne denigratorie (a ragione o a torto) della categoria, non mi sognerei mai di contrastare leggi assurde come quella Brunetta parlando di attentato ai valori della Costituzione, o della mia dignità, o di quella della mia categoria, con toni da guerra civile. Faccio di tutto per poter cambiare quelle leggi e la cultura di fondo che le ha generate, cerco di testimoniare e incarnare nei fatti un modo diverso di essere impiegato pubblico, ma ritengo assolutamente normale il fatto che un governo attui le proprie politiche anche contro i miei interessi personali o di categoria. Ho degli strumenti di lotta e contrasto. Se la popolazione continua a percepire in maniera errata, a mio modesto parere, una problematica, non devo necessariamente pensare che sia in atto un attentato all’ordinamento dello Stato, o una ferita inflitta alla Società. Nel campo della Sanità sono stati fatti errori enormi. Errori e illeciti, che incidono in maniera evidente nella vita delle persone. Ripensare la Sanità pubblica è un dovere per me. Ma possono esistere visioni in contrasto con la mia? Può esistere un pensiero legato all’Azienda ospedaliera più liberista del mio, e accettando il fatto che non è il mio, trovare argomentazioni nella raffigurazione di tutti gli scandali che questa impostazione ha generato non decide della correttezza della mia posizione, perché anche il mondo preistorico delle USL ha creato scandali malasanità e distorcimenti assurdi legati a clientele e ruberie.
8- Il contrasto alla buona scuola necessita di un’impostazione pragmatica e costruttiva. Accettare questo vuol dire migliorare lo stato di cose esistente. Fare le barricate, circondato dal silenzio (a me non pare, ma tu lo lamenti) non ha senso.
8.1- Un dipendente pubblico opera e rispetta nell’abito delle leggi vigenti. Kantianamente può e deve fare un uso pubblico della ragione, per far cambiare le idee alle persone, alla politica.
8.1.1- Come non sopporto (pur essendo personalmente contrario all’aborto) i medici obiettori di coscienza (perché se accetti un lavoro pubblico e firmi un contratto, quello devi fare, rispettare le leggi ed hai sempre la libertà di stracciarlo quel contratto se ritieni di non potervi aderire) così non sopporto coloro che in ogni contesto, ma soprattutto nel pubblico, lavorano come sabotatori.
9- Alla radice la Buona Scuola, è probabilmente basata su presupposti ideologici a me lontani. Comunque credo fortemente che sia una figlia ingrata
9.1- La buona scuola offrirà un futuro migliore di quello che i suoi genitori avevano pensato per lei, quali che ne siano state le fondamenta filosofiche.
9.2- Il futuro potrà rendere la scuola migliore, e noi potremo essere soggetti attivi di questo cambiamento. Rimanere impigliati nei sogni e negli incubi del passato non ci renderà la figlia che sognavamo.
Alcyone, possiamo dire che la sintesi non sia proprio la tua peculiarità più evidente? Hai scritto un intervento che è lungo quasi quanto tutto il testo della Buona Scuola. Con la differenza che il tuo scritto è frutto di impegno e di cuore, mentre quella no, è solo una raffazzonata scopiazzatura di quanto già proposto in altri Stati.
Inutile e poco proficuo continuare qui questa discussione. Magari meglio davanti a una bottiglia di vino (tu mi sa che ti sei già avvantaggiato).
Grazie comunque di essere entrato nel blog degli opliti.
Ma, vi siete detti molte, troppe cose, alcune, a mio parere, pertinenti, altre no. Già in passato, durante una riunione NoINVALSI, alcuni dei presenti criticarono te, Flavio, per l’analogia fra il consenso fascista e i silenzi attuali. A me sembrò un po’ un azzardo storico ma un buon esempio di retorica politica, nel senso migliore, quando le parole forti servono a scuotere intelligenze dormienti o animi impauriti. Che il mondo della scuola sia oggi una metafora della società italiana, dove il particolarismo, l’individualismo, la fine della politica come discussione e impegno quotidiano allignano, è una realtà. Certo, ci sono state anche voci apertamente contrarie alla riforma, levate con una certa forza, ma il loro valore pervasivo nelle realtà di lavoro è stato molto, molto modesto. Mancano le condizioni culturali per una piena comprensione dei nessi fra le varie riforme renziane (lavoro, carta, scuola), i rapporti di forza sono sfavorevoli, fare del donchisciottismo è sbagliato perché altrettanto individualista e attoriale. Non so cosa faccia Alcyone nella vita quotidiana; noi, che a scuola – in varie modalità, ci siamo, l’ignavia e la preoccupazione solo personale le vediamo in atto. Anch’io troppo logorroica, scusate. Renata
In verità, Big Chief, io credo che nel corso della sua storia l’uomo sia sempre rimasto uguale a se stesso, con il medesimo bagaglio di doti e difetti. Cambiano i contesti, ma non la sua natura (nel bene e nel male).
Riguardo il donchisciottismo posso dirti che, nonostante tutta la simpatia per il personaggio e per il sapore poetico del suo eroismo, qui abbiamo davanti una condizione determinata dalla solitudine, non da una scelta voluta. Magari non fosse così. Se una protesta o il tentativo di una resistenza che ha il vuoto intorno è giudicata un esercizio di individualismo, viva l’individualismo. In fondo, prima di scatenare il contagio, anche il voltarsi del singolo oplita è un atto di individualismo. Così come lo erano le prime obiezioni di coscienza al servizio militare e tante altre scelte nate per la caparbietà, il coraggio, l’onestà o la follia dei singoli.
Sì, è probabile che tu abbia ragione, a partire dalla tua esperienza personale. E’ altrettanto probabile che io sia ancora attestata su un’idea di politica, come prassi, legata alle condizioni e al fattore-organizzazione. Però, come abbiamo potuto notare stamattina al Liceo Manara, anche piccole resistenze da opliti servono a quel che chiami giustamente “contagio”.
Siamo vivi! Soprattutto lo sono molti giovani donne e uomini!