Quella di Rukelie è una storia incredibile, dalle tinte contrapposte. Da una parte ci sono le inaudite umiliazioni che dovette subire un uomo per l’unica colpa di essere di etnia sinti e le persecuzioni che fecero dei nazisti gli aguzzini capaci di una sistematica pulizia etnica, dall’altra il coraggio e l’orgoglio di quello stesso uomo, che fino all’ultimo restò in piedi, come un albero che la storia non avrebbe potuto piegare.
Johann Trollmann è un bambino zingaro che presto dimostrerà qualità atletiche non comuni. Ha un fisico forte e per questo lo chiamano Rukelie. Ruk, in lingua romanì, significa albero.
Rukelie Trollmann diviene un campione di pugilato. Ma siamo in Germania e sono gli anni ’30. Non proprio il momento e il luogo adatti a uno zingaro. Soprattutto se questi è ormai un personaggio pubblico e, con le sue vittorie, mette in crisi il modello ariano e l’idea della superiorità di una razza rispetto alle altre. Rukelie Trollmann è tedesco, ma i gerarchi nazisti non possono accettare che sia il più forte di tutti.
Nel 1933 Rukelie Trollmann combatte per il titolo nazionale dei pesi medi e vince surclassando il suo avversario, ma i giudici annullano l’incontro dietro le pressioni delle autorità. Il pubblico presente all’incontro insorge pretendendo il riconoscimento della vittoria. Davanti a una tale manifestazione di affetto e solidarietà Rukelie si commuove. Piange. Qualche giorno dopo un comunicato ufficiale della federazione tedesca gli revoca il titolo con la motivazione che le lacrime non sono degne di un vero pugile.
La federazione fa di più. Gli vieta la possibilità di muoversi sul ring. Nel successivo combattimento Rukelie dovrà restare immobile al centro del quadrato, pena la revoca della licenza da pugile. È la fine della sua avventura di atleta. Rukelie lo sa. A quelle condizioni non è possibile continuare. All’incontro si presenterà con i capelli tinti di biondo e il corpo cosparso di farina, finendo KO al quinto round, ma facendosi beffe degli stereotipi della razza ariana. Un atto coraggioso che determinerà la sua fine.
Johann Rukelie Trollmann sarà sottoposto a sterilizzazione. Il governo di Hitler ha infatti varato la legge (Gesetz zur Verhütung erbranken Nachwuchses) che prevede la sterilizzazione coatta delle persone affette da malattie ereditarie. Tra questi ci sono gli zingari.
Il regime nazista considera gli zingari un pericoloso miscuglio di razze deteriorate. Robert Ritter, psichiatra e neurologo di Tubinga, direttore dell’Istituto di ricerca sull’igiene razziale e biologia della popolazione, pubblica una ricerca nella quale si rivela la presenza di un gene estremamente pericoloso nel sangue degli zingari, il wandertrieb, l’istinto migratorio.
Dopo la violenza della sterilizzazione Johann Rukelie Trollmann è costretto ad abbandonare la moglie e la figlia. Un sacrificio doloroso, ma solo così le potrà salvare dal pericolo della persecuzione. Seguono una lunga serie di altre brutali angherie che terminano, come da copione, con la deportazione nel campo di concentramento di Neuengamme e poi in quello di Wittenberge.
Rukelie è ormai ridotto a uno spettro, malato, denutrito e costretto a lavori pesantissimi. Dopo averlo riconosciuto, un kapò lo sfiderà per umiliarlo davanti a tutto il campo. Trovando chissà dove le ultime energie, Rukelie lo manderà KO, ben consapevole di cosa questo possa significare. Qualche giorno dopo, infatti, il 9 febbraio 1943, Johann Rukelie Trollmann viene ucciso dallo stesso kapò che aveva cercato inutilmente di umiliarlo.
Nel 2003 la federazione tedesca di pugilato restituisce ai familiari di Trollmann la corona di campione dei mediomassimi, sottrattagli ingiustamente settant’anni prima. Nel 2004 una via della città vecchia, ad Hannover, è intitolata a Johann Rukelie Trollmann. Dal 2010 a Berlino un monumento lo ricorda in un parco del quartiere di Kreuzberg.
Più di 500.000 Rom e Sinti, identificati col triangolo marrone, finirono i loro giorni nei campi di stermino nazisti, sterilizzati in massa, condannati ai lavori forzati, usati come cavie per esperimenti di eugenetica e destinati alle camere a gas. Ma nessuno zingaro è stato chiamato a testimoniare nei processi ai gerarchi nazisti. Ai pochi sopravvissuti non fu mai concesso alcun risarcimento. Fu data per buona la giustificazione che la persecuzione subita dagli zingari non era mossa da ragioni razziali, ma derivava dal loro essere criminali. Robert Ritter e i suoi assistenti non furono condannati ad alcuna pena e dopo la guerra continuarono a lavorare come dottori nelle strutture pubbliche della nuova Germania.
Lo sterminio degli zingari ad opera del nazismo resta ancora una pagina marginale della storia.