Auschwitz. Come rappresaglia nei confronti di un’evasione, i nazisti decidono di chiudere dieci detenuti nel bunker della fame, per lasciarli morire lentamente. Uno di questi, Franciszek Gajowniczek, scoppia in un pianto disperato. Non vuole morire. Ha moglie e figli. Maksymilian Maria Kolbe, detenuto 16670, si offre di morire al suo posto. Dopo due settimane di agonia, senza acqua e cibo, Kolbe e altri tre detenuti sono ancora vivi.
I quattro verranno finiti con un’iniezione di acido fenico. È il 14 agosto 1941.
Maksymilian Maria Kolbe è un frate francescano polacco, arrestato dalla Gestapo per attività ostile al regime nazista. La sua fine e la sua serenità furono un’esperienza che le SS addette al servizio di sorveglianza definirono impressionante. All’ufficiale medico nazista che gli prese il braccio per l’iniezione mortale ha ancora la forza di sussurrare: Lei non ha capito nulla della vita.