Il cammino della matematica nella scuola primaria lo puoi affrontare in due modi. O scegli un viaggio che colleziona a tappe una serie di dogmi da non mettere mai in discussione, perché sono così, sono sempre stati così, e guai a chi dice ba. Oppure scegli di metterti in marcia con lo spirito di una escursione in montagna. È facile comprendere come le due strade comportino due diverse concezioni del bambino.
La prima ha una visione del bambino che considera evidentemente prioritaria la sua grande facilità a memorizzare nuove informazioni. La seconda invece punta tutto sulla sua attitudine allo stupore, conseguenza naturale della sua ben chiara propensione a fare nuove esperienze. Sintetizzando si potrebbe dire che mentre l’una pensa al bambino come a un cassetto, la seconda lo vede come un piccolo esploratore.
Per un maestro il primo approccio risulta chiaramente più semplice. Enunciati i dogmi, non resta che aspettare il breve tempo necessario al bambino per impararseli a memoria. A scegliere la seconda strada si fa invece più fatica. Necessita lo sforzo di una ricerca. Quella di un linguaggio comprensibile e di strategie che aiutino l’insegnamento a diventare esperienza.
Nel primo caso il bambino si limita a scrivere sul quaderno, a incollarci sopra le schede e a leggere il libro di testo. Nel secondo caso il bambino ascolta, osserva, ritaglia, misura, confronta, scopre, inventa, riflette.
Nella matematica, erroneamente considerata una materia esclusivamente teorica, vale lo stesso discorso che funziona per ogni altro campo della conoscenza. Puoi descrivere al bambino l’incanto dell’autunno rimanendo in classe. Ma puoi farlo anche uscendo da scuola, guardando, toccando, cercando, raccogliendo le foglie o curiosando tra i banchi della frutta al mercato. Puoi parlare ai bambini di disabilità o integrazione lasciandoli tutti fermi ai loro banchi. Ma puoi farlo anche bendandoli e invitandoli a trovare la propria giacca appesa fuori la classe, oppure portandoli nel piccolo giardino vicino la scuola, incontrando una signora sulla carrozzina, chiacchierando con lei, facendole domande. Ecco, il succo è proprio questo. L’insegnamento con un approccio creativo (di qualsiasi disciplina si tratti) deve spingere il bambino a farsi delle domande. Quante più domande si farà tanto più profondamente entrerà nel vivo della materia e imparerà a conoscerla.
Che io preferisca l’insegnamento inteso come scoperta e il bambino esploratore al bambino cassetto a questo punto non è più un mistero. Sarà perché ho sempre avuto una risposta allergica ai dogmi. Si potrebbe obiettare che la nostra è stata (salvo rare eccezioni) una generazione di bambini cassetto, ma questo non ci ha impedito di crescere e diventare quello che siamo oggi. Vero. Ma un geranio fa i fiori anche se, entro certi limiti, finiamo per trascurarlo. Nulla toglie però che dedicandogli l’attenzione e il tempo che merita possa crescere meglio.
Comunque, ammesso pure che si possa insegnare la matematica in modo noioso e dogmatico, vorrei obiettare che tale orientamento commette (e lo commette da decenni) un errore grossolano. Con l’illusione di considerare i bambini per quello che sono, finisce per utilizzare sovente termini e formule assolutamente bizzarre, improprie e perfino forvianti. Prestare attenzione al bambino non significa dover rinunciare alla verità, mistificandola e banalizzandola. Avere considerazione e rispetto del bambino dovrebbe comportare lo sforzo di utilizzare un linguaggio comprensibile, ma senza rinunciare all’esattezza. Non si può raccontare l’episodio di Ulisse e Polifemo sostituendo il termine ciclope con cicciopanzone mezzocieco. In matematica succede invece che le virgole si muovano, come prese da raptus improvviso all’interno di moltiplicazioni e divisioni con i numeri decimali, o che nelle sottrazioni le decine si prestino (sono mai state restituite?) come fossero matite colorate. Assurdità. Eresie.
Insegniamo pure il dogma che la somma degli angoli interni di un triangolo equivale a un angolo piatto, rinunciando a giocare con i triangoli e scoprendolo concretamente. Ma per favore non spariamo fesserie. Quelle no. Che poi mi tocca far scrivere sul quaderno dei bambini Non è mai esistita e mai esisterà una virgola che si muove, va avanti, va indietro, fa le capriole, sbadiglia, o fa le puzze.
p.s.
In copertina un murale di Aakash-Nihalani
maestro Flavio io ti amo, e, siccome non sono una adolescente, non uso il termine in maniera impropria. Ora io mi chiedo: se nascondo i miei diplomi, posso venire a frequentare la tua classe? C’è un’età minima per iscriversi a scuola, ma, che io sappia, non c’è un’età massima. Cosa potrebbe obiettare la tua illuminata dirigente? Certo non potrei arrampicarmi sugli alberi per capire la primavera, ma potrei simulare benissimo la vecchina invalida ahahah.
nonnalaura in classe abbiamo un banco vuoto e come sai non ci piacciono porte e finestre chiuse. Siamo al primo piano, e se la Dirigente avesse qualcosa da obiettare sulla tua idea puoi sempre entrare dal giardino…
So che non ti dispiacerai, perchè te lo chiesi in precedenza, ma pubblico questo tuo pensiero su fb, nella speranza che sia d’aiuto a qualche insegnante, genitore, zio, nonno, vicino di casa, allenatore di sport
certo che puoi! Un blog mica è un confessionale! Se fosse una canzone avrebbe le note di blowin’ in the wind.
Leggendo i suoi articoli, mi sono fatta l’idea di CHI l’adora e CHI la odia. Io sto con i primi. Immagino che i suoi allievi siano felici di andare a scuola!
Beh, cerchiamo di imparare divertendoci e qualche volta ci riusciamo… Non ho mai capito perché i cuccioli dell’uomo, in tutto il mondo animale, debbano fare eccezione e essere gli unici a imparare senza il gioco. Non siamo mica all’università.
Permettimi Spirito Murphy, credo proprio che gli alunni della tua classe, la tua dolce metà ed il Vostro frutto genetico siano persone fortunate: sono in ottime “mani” 😉
Grazie uomo mascherato, la mia metà è superdolce e il nostro frutto è acquisito, non genetico. Nostra figlia è colombiana e un’altra è in attesa dall’Etiopia…
… 😳
scusa il lapsus Murphy, capisco il senso della precisazione, ma a questo punto del tuo cammino penso proprio che non faccia + nessuna differenza…; acquisito o genetico, interessa solo alla “CSI-Miami” 😛
Confesso anche io l’emozione ( “quasi”… come nonnalaura) del post, ma per come fai quello che fai, e non mi dispiacerebbe affatto potermi sedere anche io fra i tuoi banchi… Anzi, se gradito da nonnalaura, potremmo essere compagni di banco !! 🙄 😛
Pues, muy bien Murphy, portate bien por el fin de semana y felicitationes por la segunda llegada… andale
Con questo post mi sono emozionata, perché non sono mai stata brava in matematica e ho sempre guardato con un pizzico di invidia chi riusciva a vedere il mondo attraverso i numeri e le figure geometriche. Per me era come cercare di capire un testo scritto in arabo non conoscendone la lingua. Imparavo per errori, ma la digestione è sempre stata lenta. Non mi vergogno di dire che certe cose le ho capite quando ho iniziato a fare la maestra: non potevo permettermi il lusso di insegnare stupidaggini ai bambini, da maestra unica per di più (eh, sì! Le ho viste proprio tutte le “riforme” della scuola). I primi anni da docente,giovanissima, mi sono ritrovata collega della mia maestra delle elementari che, durante una riunione di programmazione collegiale, mi ha chiesto scusa per le mie lacune matematiche. Mi disse “E’ colpa mia, non mi è mai piaciuta la matematica”. Quel giorno ho avuto la conferma che avere il ” pallino per la matematica” era solo una favola, ma ormai io mi ero persa un bel po’ di esperienze. Se tu decidessi di aprire una scuola di recupero credo che avresti il pienone e…allora sì che sarebbe la ” Buona Scuola” che tutti aspettiamo da troppo tempo, ahimè!
Cara Andreana, anche a me è capitato di incontrare la mia maestra, ma la storia è molto meno poetica della tua. Un giorno te la racconterò. Resta però un fatto. Il nostro mondo non ha bisogno di matematici, biologi, letterati o poeti. Abbiamo bisogno di persone oneste. Questa è la vera sfida.