Una circolare dell’Ufficio scolastico regionale è arrivata in via riservata a tutti i presidi delle scuole del Lazio. Qualcuno comunque ha rotto il riserbo e l’ha resa pubblica. L’Ufficio scolastico, immaginando che le scuole avrebbero potuto organizzare una qualche forma di solidarietà verso il popolo palestinese e non sarebbero rimaste mute davanti alla crisi umanitaria che si vive a Gaza, invita i Dirigenti scolastici a raffreddare gli animi.
La circolare fa sfoggio di circonlocuzioni quando recita che La rilevanza degli eventi geopolitici in corso è una tematica su cui si invitano le SS.LL. a garantire la massima serenità, salvo poi omettere naturalmente come si possa mantenere la massima serenità quando ci si trova davanti a un genocidio.
La verità è che la scuola fa paura ogni volta che rivendica lecitamente la prerogativa di essere uno spazio di riflessione ed elaborazione critica. Così la circolare, tanto per essere più comprensibile, incalza aggiungendo che le riunioni degli organi collegiali devono essere esclusivamente finalizzate alla trattazione delle tematiche relative al buon funzionamento dell’istituzione scolastica e sottratte a qualunque altra finalità. Un modo chiaro per dire che gli organi collegiali devono occuparsi di orari, valutazione, bilanci, ma devono lasciar perdere i fenomeni politici globali e i diritti umani. Figurarsi prendere una posizione e confrontarsi su questioni che scuotono la coscienza collettiva, tranne magari permettersi delle deroghe su argomenti ormai sdoganati e politicamente corretti come la giornata della memoria, la strage di Capaci o la giornata mondiale dell’ecologia.
Risultato: nel collegio di pochi giorni fa la Dirigente ha garbatamente invitato i docenti a non parlare di Gaza, impedendo che si discutesse una mozione comune e si decidesse cosa fare. A suo dire (o meglio, a dire dell’Ufficio scolastico regionale) lo sdegno verso quanto sta succedendo e la solidarietà al popolo palestinese sono anche posizioni condivisibili, a patto però che rimangano il risultato di una riflessione e di un’opinione personale. La scuola nel suo complesso deve occuparsi di altro. Già. E come faccia a educare alla pace resta un mistero.


“Fuori la politica dall’università” è uno slogan vecchio di almeno 15 anni (posso dirlo con certezza, perché a quei tempo la frequentavo e lo sentivo dire di continuo). Adesso pare che vogliano tenerla fuori dalla scuola in generale.
No, lo slogan è ancora più antico. Basta pensare alla famosa cacciata di Luciano Lama, segretario della CGIL, dall’Università di Roma. Era il 17 febbraio 1977. Negli anni questa espressione ha preso colori diversi ed è stata espressione di pensieri così lontani tra loro da risultare perfino contrapposti. Quello a cui assistiamo oggi è semplice oscurantismo. Rimane il fatto che nella sua accezione più nobile è praticamente un’assurdità credere che sia possibile separare il mondo della scuola da ciò che accade nella “vita pubblica”
Caro maestro, immaginavo e sapevo che prima o poi avrebbero cercato di silenziare anche la scuola. Così ho preso una decisione: portare una mozione in collegio in solidarietà con la Palestina, ma soprattutto al fianco dei bambini palestinesi a cui è stato tolto anche il diritto di andare a scuola, per lunghi anni a venire. Ho pensato fosse vergognoso che la nostra scuola, in quanto scuola, stesse in silenzio: incoerenza istituzionale. Presentata e letta al Collegio di giugno, la mozione è stata votata all’unanimità. Non so se in questo autunno di tensioni le cose sarebbero andate allo stesso modo. Perciò sono felice di averlo fatto a giugno, come ultimo passo prima di salutare e andare in pensione. Ti giunga il mio affettuoso abbraccio, da un’altra terra bellissima e martoriata.
Ciao Andreana, un bellissimo modo di chiudere la tua avventura tra le matite stemperate, la polvere del gesso e i sorrisi dei bambini. Un abbraccio forte a te e all’uomo mascherato da questa parte del mare.