In adversa ultra adversa

VannacciChe il generale Roberto Vannacci spari idiozie sugli argomenti più disparati ormai non è una novità. Dire la sua su qualsiasi cosa è evidentemente un diritto a cui non sa rinunciare. Magari da un generale dell’esercito, capo di stato maggiore del Comando delle forze operative terrestri (come leggo sul web), ti potresti aspettare una maggiore propensione alla ragionevolezza, un equilibrio e una certa familiarità con l’esercizio dell’intelletto. Magari, invece no.

Ammetto di non conoscere quali requisiti umani siano necessari per ricoprire certi incarichi ai vertici dell’organizzazione militare. Da obiettore di coscienza quale sono certe verità ho deciso di farmele sfuggire. Fatto sta che dopo averla sparata grossa su donne, immigrati, omosessuali e ambientalismo, il generale ha sentito anche il dovere di dare consigli al ministro dell’Istruzione, immagino del resto quanto l’uniforme e il senso del dovere siano in forte connessione. In sostanza il grande ufficiale agogna il ritorno alle classi differenziali, proponendo una specie di salto all’indietro di cinquant’anni nella vita della scuola pubblica italiana. Anche in questo caso è facile supporre quanto l’uniforme e la ginnastica vadano d’accordo.

Quando ho letto le sue parole sono inorridito. Ma non è tanto la storia di un soldato che non perde occasione di esprimere giudizi su questioni fuori dalla sua portata cognitiva a preoccuparmi. Le sue farneticazioni al momento hanno suscitato già un lungo elenco di disapprovazioni e una pletora di critiche, tanto da farlo ripiegare in buon ordine all’interno delle proprie linee con la più classica delle formule, quella utilizzata da ogni uomo pubblico che voglia passare un colpo di spugna per ripulirsi dalle proprie indecenze: “sono stato frainteso”.

Peccato però che la storia ci insegni quanto faccia presto una posizione minoritaria, inizialmente perfino osteggiata, a divenire poi una regola. Così quello che oggi appare inquietante non è tanto un generale dell’esercito che ha espresso apertamente apprezzamento per un archetipo educativo modello West Point, quanto piuttosto il fatto che quest’idea serpeggi già da tempo all’interno degli edifici dell’Istruzione. Chiunque viva all’interno del sistema scolastico e abbia occhi per vedere lo sa. Quello che appare inquietante allora è lo scenario che ci aspetta se non invertiamo la rotta smettendola di cancellare un pezzo per volta tutte le conquiste che negli anni ‘80 facevano della nostra scuola un esempio virtuoso, ma che poi abbiamo iniziato a rinnegare piegandoci ai diktat di un mercato globale e imponendoci di scimmiottare modelli che fanno della competizione, della valutazione oggettiva, dei test, della misurazione delle competenze, del disinteresse per la singolarità delle persone, il loro credo.

Adesso, va bene, proviamo disgusto per le parole di un generale dell’esercito, ma poi continuiamo a imitare modelli di scuola che definiamo moderni e che le classi speciali le prevedono eccome. Riusciremo a fermarci?   

No, generale, non sei stato frainteso. Abbiamo capito benissimo. Ma forse siamo noi a essere frastornati.

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About RP McMurphy

Chito e RP McMurphy vivono a Roma, ma qualcuno giura di averli visti più volte dalle parti di Maracaibo. Hanno un amore dichiarato verso tutti i sud del mondo e un’istintiva simpatia per chi vive ai margini.
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