Come abbia fatto a entrare non lo so. Poi il piccolo topo di campagna ha deciso di fermarsi in casa. L’ho chiamato Annibale, immaginando quale lunga traversata abbia fatto per arrivare fino qui, per gli ozi di Capua che si concede meritatamente nella mia dispensa, e per la buona dose di astuzia e imprevedibilità che, come il condottiero cartaginese, ha nella sua condotta.

Non puoi abitare a Macondo e meravigliarti per la presenza di un topo. Dopo l’istrice, la visita periodica dei ricci, le volpi, e perfino l’attacco a Cali di un falco con evidenti problemi nella valutazione delle prede, è il minimo che può capitare. Un topolino assaggia le tue provviste mentre fuori l’autunno vira in un principio d’inverno e freddo e pioggia invitano a fare rifornimento e a rimboccarsi le coperte. Fa perfino tenerezza.

Annibale va matto per i crackers al farro, grano saraceno e quinoa. Quelli integrali alla barbabietola e carota rossa invece li ignora. Ho provato a variargli la dieta lasciandogli torsoli di mela, cioccolata al latte, muesli con frutta secca, ma niente. I crackers al grano saraceno non si battono. E vuole aprirli lui. Fa un buco nella confezione e poi inizia a rosicchiarli. Mangia poco per volta, senza mai strafare. La sregolatezza non gli appartiene, l’imprevedibilità invece sì. Annibale appunto. Tu gli metti il muesli in un angolo, credendo di poter prevedere le sue mosse e lui invece colpisce dove non ti aspetti.

Torno da scuola e trovo la casa allagata. Annibale s’è rosicchiato il tubo di carico della lavastoviglie e l’acqua zampilla da chissà quante ore. Non ho scelta. Devo riuscire a catturarlo per liberarlo nella valle, sufficientemente lontano da qui. Da bambino non ho mai fatto il tifo per Scipione, però ora almeno capisco la grande preoccupazione che nella seconda guerra punica deve aver provato il Senato romano. Mica è facile convivere con un guerrigliero.