Quello che non c’è

abbraccioUn gruppo di bambini della classe viene a trovarmi a Macondo. È una bella giornata invernale e il sole invita a una passeggiata, così li porto alla grande quercia. I bambini restano impressionati dalla sua maestosità. Nel silenzio che si deve alle cattedrali e ai luoghi incantati intuiscono che la grande quercia non è soltanto un albero, ma molto di più. Quello che poi ci aspetta sono le rovine della città fantasma.

Procediamo come un manipolo di esploratori nell’agglomerato di piccole case diroccate che ho scoperto in una delle mie camminate col quadrupede. Un luogo misterioso, chissà come abitato e chissà perché abbandonato. Qui, tra le varie testimonianze che troviamo di una vita passata, in questa forma di resistenza all’oblio e di rifiuto a sparire completamente, dove il poco che resta ha il potere di evocare il molto che è scomparso, mi viene facile pensare a questa società impazzita e alle cose che adesso mancano. Perché una cosa mi è chiara. Se per società intendiamo i diversi livelli di relazione che nascono tra i singoli quando ci sono obiettivi comuni, stiamo diventando sempre di più una società fantasma. Una facoltà ci è rimasta, e dobbiamo difenderla con ogni vigore perché è l’ultima: la facoltà di negare il nostro consenso. Le parole di Primo Levi tornano a suonare attuali.

Sono bastati due giorni perché i docenti sospesi venissero sostituiti. E pensare che erano serviti più di tre mesi per completare gli organici delle scuole, partite a settembre con molte assenze nonostante le promesse bugiarde del ministro dell’Istruzione. Ora invece i nuovi incaricati arrivano con straordinaria velocità. Le graduatorie non servono più. Funziona la chiamata diretta, significa che ogni dirigente scolastico ha il potere di decidere chi far entrare nella scuola e chi no. A sua discrezione. Così si offrono cattedre a parenti lontani, ad amici di amici, a mezze figure e insegnanti improvvisati.

Sarebbe semplice adesso mettersi lì a fare la conta di quello che sembra scomparso. È oltretutto evidente quanto la mia vicenda personale possa contribuire ad allungare una lista del genere. Nell’essere sospesi si riceve un catalogo di cose che mancano. In mezzo a tutto però mi sembra che ci sia perfino qualcosa di buono. Quello che adesso non c’è, per esempio, è anche lo spazio per le maschere, le recite, le finzioni.

In questo momento difficile, come succede in qualsiasi relazione ogni volta che la quiete di una tranquilla normalità viene sconvolta dall’arrivo di un problema serio, le persone finiscono per mostrarsi davvero per quello che sono. Nude e crude. Niente più simulazioni. Troppo facile essere equilibrati e ben disposti quando le cose vanno lisce. Diverso è restarlo nelle complicazioni.

Dopo aver visto la mia vita esplodere e prendere una deviazione dolorosa fino a poco tempo fa impensabile, ho avuto modo di sorprendermi (indipendentemente dalle rispettive posizioni nei confronti del vaccino) per l’inaspettata umanità di alcuni e la deludente e arida piccolezza di altri. Porterò per sempre quei nomi, gli uni e gli altri, nell’agenda della mia memoria.

Le commedie si sciolgono nel fuoco degli inconvenienti. Al loro posto un elenco di abbracci negati, parole mai dette, e genuine, incondizionate, dimostrazioni di affetto.

Informazioni su RP McMurphy

Chito e RP McMurphy vivono a Roma, ma qualcuno giura di averli visti più volte dalle parti di Maracaibo. Hanno un amore dichiarato verso tutti i sud del mondo e un’istintiva simpatia per chi vive ai margini.
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6 risposte a Quello che non c’è

  1. ferdiciani ha detto:

    Non c’è dubbio che tu abbia l’animo del poeta. Purtroppo è la modalità umana che maggiormente va incontro alla sofferenza spirituale. Non è facile vivere da poeti se si reclama di vivere da poeti l’intera realtà. Ma questo è l’atto più dignitoso che esista come essere umano. Tutta la mia stima.

    • RP McMurphy ha detto:

      Grazie, ancora una volta grazie. Io non lo so se vivere cercando di opporsi a ogni ambiguità significhi vivere da poeti, quello che immagino è che di poeti siano piene le fosse ma che da quelle fosse poi spuntino incontenibili margherite e papaveri.

  2. Andrea ha detto:

    Caro Flavio,
    ho letto di insegnati gioire per aver sostituito colleghi che la narrazione definisce stupidamente “no vax” e che sono stati sospesi. Poveri studenti, in che mani sono capitati.
    Io ho ceduto al ricatto e per un bel periodo ho perso autostima. Quell’autostima che viene minata periodicamente dal Sultano Draghi con le sue brillanti decisioni.
    Non sono certo un poeta ma mi è chiaro distinguere il nemico dall’amico, dall’onesto al ricattatore. Se usciremo da questa storia avverrà anche grazie a persone come te.
    Come sempre, tanta stima.
    Andrea, papà del matematico completo
    Ps. Se passi da queste parti fai un fischio.

  3. RP McMurphy ha detto:

    Sì, Andrea, è davvero triste ed è purtroppo la regola. Io però conosco anche la storia di un insegnante che si è rifiutato di sostituire un docente sospeso. Un caso isolato forse, ma di una bellezza ineguagliabile.
    Rilancio. Vi andrebbe di passare a Macondo? Vi faccio conoscere la grande quercia…

  4. popeyone ha detto:

    Chissà da chi è nata la grande quercia, chi vi sia lì sotto, quale forza benefica ne ha spinto gli apici a solleticare il cielo e le nodose braccia accoglienti ad incontrare menti et anime pure? Foss’anche la follia dell’uomo decidesse di porrfine a tal immensa meraviglia, cosa, peraltro, forse già avvenuta, a causa della bruna corteccia annerita da fuochi maligni di serpentelli alati… là intorno rimarranno sempre figlie e figli a testimonianza che, ai loro opposti, non cederanno mai: virtù, valore e verità!

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