Incontro la mamma di E, che quest’anno è alla scuola media. Mi dice che a scuola va tutto bene. Aggiunge che il figlio non ha sofferto per niente il peso dei compiti che fanno delle medie lo spauracchio di tutte le famiglie. Dice che qualche paura ce l’aveva anche lei. Lo so. La storia che i miei bambini siano impreparati a sostenere pesanti carichi di lavoro è una storia nota. E bugiarda.
Quello che mi ha raccontato la mamma di E me lo hanno confermato tanti altri genitori. I bambini che escono dalle mie classi non è vero che vengono schiacciati dall’eccessiva (eccessiva, sì) mole di lavoro a cui spesso sono sottoposti quando arrivano alla scuola media.
All’osservazione che dando pochi compiti a casa si possa condannare i bambini a brutte sorprese e anni di fatiche, ho sempre risposto che questo è soprattutto un timore condizionato da un problema di messa a fuoco. Non è appesantendo le giornate nel loro primo ciclo scolastico che si preparano i bambini a sostenere le incombenze che li attendono in futuro. Allo stesso modo come non servirebbe a niente riempire di pietre lo zaino di un bambino alle sue prime passeggiate in montagna, pensando così di irrobustire le sue spalle e abituarlo alle fatiche delle future escursioni nei boschi. Quello che bisognerebbe fare è insegnargli l’amore per la natura, trasmettergli la passione, condurlo a poter godere della bellezza dei paesaggi e alla soddisfazione che si prova per essere giunti alla meta con le proprie forze. La fatica diventerebbe in questo modo un motivo marginale, comprensibile e perfino necessario.
Tra i doveri di un insegnante c’è il compito di accompagnare quanto più possibile il processo di maturazione dei suoi alunni come fossero virgulti da aiutare a crescere dritti e forti per non essere poi spazzati via dalle intemperie. E i bambini andrebbero gradualmente educati all’autonomia, al senso di responsabilità, all’impegno verso i propri doveri e alla fiducia nelle proprie capacità. I tanti compiti a casa non servono. La capacità di restare al passo con i ritmi della scuola media verrà di conseguenza.
La mamma di E mi ringrazia per averlo aiutato a crescere. Ecco dico. Continuerò a dare poco lavoro da fare a casa. Continuerò a lasciare i bambini liberi d’estate o nelle settimane bianche. Perché non è allenarli a fare tanti compiti, ma aiutarli a crescere. È questo il lavoro di un maestro.
Se il grande pensatore sardo diceva che studiare è anche una posizione della schiena – e dunque nulla di simile alle facilitazioni odierne delle ridicole “flipped class”, agli assurdi “compitini reali” – era pur consapevole che proprio lo studio fosse una consolazione e una fonte inesauribile di gioia. Questo aspetto, insieme alla consapevolezza dello sforzo che si deve pur fare, dovrebbe animare il lavoro scolastico. E credo che il buon Maestro lo faccia sempre e che sia questa formula a consentire ai bambini di crescere e di imparare a calibrare forze e motivazione.Grazie Maestro, dalla scuola elementare (mi piace più di “primaria”) viene continuamente uno stimolo alla riflessione.