Vivo in quella parte di mondo che definiamo progredito. Per l’esattezza risiedo in una grande città e in un quartiere abitato generalmente da una classe sociale medio alta. Beh, a me sembra che in questa circoscritta porzione di universo i bambini abbiano tante opportunità e tante risorse in più rispetto a quelle che avevo io alla loro età, ma che non siano per questo più felici. Anzi.
Nonostante i bambini a cui mi riferisco (e ci metto dentro anche mia figlia) abbiano tutti camere piene di giochi e siano coinvolti in mille attività, non mi sembra che manifestino quel grado di allegria e leggerezza che sarebbe normale aspettarsi da parte di chi rappresenta certamente la quota di umanità più fortunata del pianeta.
Troppe volte ascolto attonito l’espressione mi annoio. Troppe volte osservo la smania capricciosa che segue un desiderio non esaudito. E magari la vedo concentrarsi subito verso qualcos’altro, non appena quel desiderio dovesse essere soddisfatto.
Forse se la smettessimo, noi genitori per primi, di dare retta a un sistema economico che ci spinge all’esercizio di un consumo dissennato e alla convulsa girandola dell’usa e getta (che tradotto nel linguaggio dei bambini diventa: scarto-il-regalo-lo-guardo-30-secondi-poi-lo-butto-da-qualche-parte-dentro-un-cassetto). Forse se la smettessimo di fare gli psicologi e gli animatori dei nostri figli. Se concedessimo loro il privilegio di annoiarsi e gestire più liberamente il loro tempo. Se insegnassimo il valore dell’attesa. Forse. Forse andrebbe meglio.
La felicità è un traguardo che sembrerebbe semplice poter raggiungere, ma evidentemente comporta l’intersezione di molte variabili. Una ricetta infallibile non c’è. Però io una cosa l’ho capita.
Un bambino che ha dieci robot provvisti di spada laser non è più felice di chi ne ha uno solo. Così come una bambina portata in piscina e poi a hip hop non è più felice di una che passa tutto il pomeriggio a cercare lumache in un giardino.
ciao maestro Flavio.
C’è qualcosa che non mi quadra nel tuo post, ma non riesco a capire che, sarebbe bello un dialogo.
Io sono stata una bambina che si annoiava tanto, ma sono stata una bambina triste. Eravamo poverissimi, e mamma si ingegnava come poteva a farmi passare il tempo, dedicata a tempo pieno, ma all’antica, senza libri di psicologia. Mi cuciva i vestiti per l’unica bambola per farmela sembrare sempre nuova, mi raccontava lei storie fantastiche perchè non c’erano i soldi per i libri. Ma io ero sempre triste. Quindi l’antitesti del consumismo ecc.ecc.
Allora cos’è che non andava?
E’ vero che un bambino che ha 10 robot non è più felice di uno che ne ha uno solo. E’ vero che un bambino che ha i genitori che lavorano a tempo pieno non è più infelice di quello che ha la madre per sé full time. Sulla bambina che cerca lumache, o funghi, o conchiglie, o legnetti, mi trovi d’accordo, ma qui entra in gioco il genitore che le ha insegnato a cercare lumache, funghi, conchiglie, legnetti. E per fare questo deve staccarsi lui per primo dall’ipad, dal telefonino.
Però siamo anche in una società nella quale il lavoro è cambiato, spesso passa per ore di internet o simile. Vanno accusati i genitori che fanno un uso eccessivo di questi mezzi? Sicuramente potrebbero ridurli e cercare una lumaca in più, ma non sempre è possibile, credo.
Io penso che il discorso vada allargato molto di più, alla mancanza di senso religioso, ai disastri sia terroristici che ambientali, alla politica. I bambini, come tu spesso sottinei sono spugne, sono disorientati e tristi e si anestetizzano, con la collaborazione dei genitori, nel consumismo.
Tu sei un maestro meraviglioso che insegna loro valori antichi ma essenziali, come la tolleranza, la comprensione, la solidarietà, la cultura vera, l’osservazione, l’ascolto. Ma, mi dispiace dirlo e ammetterlo, non basta.
Cose occorre? Non lo so…
anche io non lo so nonnalaura, mi limito a osservare però come questi nostri bambini siano mediamente molto viziati e come il nostro sistema economico (che una volta si interessava poco a questa fascia di età) li abbia ormai scoperti e trasformati in giovani consumatori. E una cosa è sicura. Il sistema neoliberista, per spingere al consumo, ha bisogno di alimentare continuamente l’insoddisfazione.
Un commento leggero, estivo, non all’altezza del fenomeno che segnali:
1.come dici tu, i bambini e i giovani sono l’unità di consumo fondamentale per l’attuale mercato; 2. bisogni, desideri e frustrazioni sono compresenti nell’attuale società, non riusciamo a distinguerli; 3. siano orfani,senza solidi legami affettivi (parlo anche di quelli amicali, non della Sacra Famiglia); 4. siamo genitori e nonni colpevolizzati data la nostra distrazione, presi da mille faccende, sia serie (sopravvivenza in tempi oscuri) sia meno (correre e mostrarsi sempre all’altezza di compiti spesso infami…).
I bambini, gli adolescenti hanno bisogno di noi, non degli oggetti. Un orsetto spelacchiato, un buon racconto poliziesco (o un manga, perché no?) valgono come oggetti transizionali. Bastano a gestire le peripezie dell’età evolutiva e del distacco dalle figure adulte.
Ma non di sano distacco stiamo parlando, bensì di ASSENZA: dove siamo mentre loro si annoiano e vorrebbero la nostra attenzione? Neanche con noi stessi…Un abbraccio, renata
dove siamo? A me sembra che siamo sulle Cliffs of Moher e camminiamo sul ciglio…
Magari! Almeno potremmo goderci il paesaggio prima di lasciarci cadere…in realtà siamo sulla ringhiera di un grigio condominio. R
hola Murphy
…ahora si, tenemos conectiones …
.l’abirinto del neoliberalismo è proprio la trappola di quel mondo “progredito” …
Io quasiquasi oserei andare oltre ( …esistenzialismo ateo), vista l’assenza d’umanità, in tutto ciò che sta succedendo su questo pianeta e ai suoi ospiti …., pèro mejor que me quede callado 😛
1abbraccio Murphy