Lettera

matita_franco-matticchioIl maestro M mi scrive una bellissima lettera. Anzi, me ne scrive due. Le sue sono parole drammatiche, sofferte, che suonano nitide e forti, a testimonianza di un tormento personale che mi lascia lungamente in silenzio. Il maestro M è un maestro speciale. Non può essere che sia lui a stare male, invece di tutti quelli che partecipano a distruggere la scuola pezzo per pezzo. Tieni duro maestro M. Fagliela vedere.

(la mia risposta al maestro M)
Ciao M, arrivo fresco dalla lettura di Stanley Milgram (Obbedienza e Autorità). Non c’è da stare allegri. Ma vorrei aprire una parentesi di quiete nella nube di rabbia che generalmente mi pervade.

Capisco il tuo sfogo. Non conosco ancora la depressione che descrivi, ma il tuo esercizio di outing utilizza un vocabolario che (ahimé) conosco bene.

La condizione del maestro è generalmente quella di chi è costretto a vivere una solitudine annunciata. Accogli in classe bambini di 6 anni che accompagni per un breve tratto della loro giovane vita, e poi un giorno li vedi volare via, non più bambini ma non ancora uomini. Che ne sarà di loro? Hai seminato, ma non saprai mai dove il vento porterà i tuoi semi. Sulla terra? Sulla sabbia? Sulla roccia? Le piante, se piante saranno, cresceranno lontane dalle tue scarpe rotte e infangate.

A questa solitudine oggi se ne aggiunge un’altra. Ingiusta e immeritata. È quella in cui ti ritrovi per l’abbandono dei colleghi e soprattutto delle alte istutizioni scolastiche. È vero. Le stanze del palazzo sono vuote di progetti per il futuro, di amore per la scuola, di incitamenti. Lo sono ancor di più se cerchi di fare il tuo lavoro con passione e con coscienza. Ma la storia è piena di racconti come questo.

Quando ho deciso di puntare i piedi e gridare il mio no allo smantellamento della scuola pubblica ho sempre pensato, almeno in questo, di non essere da solo. E questo conforta. In generale avevo la compagnia di persone che molto prima di me, e molto più degnamente di me, non hanno mai avuto paura del buio. Che sono rimaste lì, a fare quello che dovevano, senza scendere a patti con la grettezza, la vigliaccheria e la nullità che li circondavano. Molti di loro li conosciamo e, guarda il paradosso, li vediamo raccontati e celebrati ancora nelle nostre scuole. Molti altri ci sono sconosciuti, perché i loro sforzi e la loro rettitudine non hanno mai varcato la dimensione di una stretta quotidianità.

Un intero collegio docenti prende le distanze dalle mie battaglie. Lo stesso sistema dell’istruzione le rende estranee e passibili di condanne e punizioni. Non importa.

Caro M, pensa di essere una piccola candela nell’oscurità di questi tempi tristi. La luce che ti ostini a tenere accesa però si vedrà da lontano. È lo stesso buio a farti questo favore. Qualcuno si avvicinerà.

p.s.
La copertina è di Franco Matticchio.

Informazioni su RP McMurphy

Chito e RP McMurphy vivono a Roma, ma qualcuno giura di averli visti più volte dalle parti di Maracaibo. Hanno un amore dichiarato verso tutti i sud del mondo e un’istintiva simpatia per chi vive ai margini.
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3 risposte a Lettera

  1. andreana ha detto:

    Quelli che partecipano a distruggere la scuola pezzo per pezzo spesso sono anche inconsapevoli del danno che creano nell’animo di chi non riesce a dire ” Me ne frego”. Finisci per sentirti impotente pur sapendo di essere mille volte più forte di chi vorrebbe schiacciarti. Ma i lividi che si creano nell’anima fanno male e sono difficili da guarire. Alla fine ti ritrovi a dover scegliere tra il tuo lavoro e la salvaguardia della tua salute e della tua famiglia. Rinviare la scelta significa aumentare il peso della solitudine e della sofferenza. Maestro M.non conosco il tuo volto e il suono della tua voce, ma so che non meriti la tristezza di questo momento. Sappi che qui, stasera, c’è una candela accesa per far compagnia alla tua. Così il buio sarà meno buio.

    • Thomas Müntzer ha detto:

      Grazie, fortunatamente e ciclicamente ci sono sprazzi di luce e così, tutte le volte che la bestia molla la presa ne approfitto per tornare a vivere e a gioire della vita… tante candele fanno un bel falò che illumina la notte e scalda il cuore.

  2. Sto ritrovando amici e amiche carissime che non sentivo da anni e che forse non avrei mai avuto modo di risentire…
    Ho conosciuto nuove persone che sono diventate care amiche, non solo di facebook ma della mia vita reale…
    Non mi spingo a darne merito alla depressione, però la depressione c’entra… c’entra il fatto di averla trasformata da disagio psichico individuale in disagio sociale e professionale, c’entra il fatto di aver smesso di prendere antidepressivi e ansiolitici e averla iniziata a combattere chiedendo aiuto a chi avevo intorno…
    Cari amici e care amiche vi ringrazio di avermi commosso, di avermi fatto sorridere: insieme si può cambiare il mondo, da soli si rimane sconfitti e stritolati.

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