Maestro oggi non abbiamo fatto niente. Ogni tanto capita che qualche bambino mi dica così. Allora io penso che quello è proprio uno di quei giorni in cui sono riuscito a fare la scuola che vorrei fare sempre, ma che invece mi riesce raramente. Perché insegnare praticando la sensazione del niente è una cosa difficile, ma imparare senza neanche accorgersi di farlo è forse il modo migliore tra tutti i modi possibili.
Lo so, oggi S andrà a casa senza aver fissato qualcosa sul quaderno, senza uno dei miei commenti scritti con una matita colorata al termine di un suo lavoro, senza la soddisfazione di un superquark, senza neanche aver aperto l’astuccio. E a casa, alla domanda che magari qualcuno gli farà su cosa ha fatto oggi a scuola, darà quella risposta. Niente.
Un niente che però è pieno di contenuti, perché in verità nelle due ore passate insieme abbiamo parlato di cos’è una linea spezzata chiusa, sulla lavagna è comparso un quadrato in una griglia e lo abbiamo guardato cercando di indovinare quanti altri quadrati c’erano al suo interno, superando, come bisognerebbe sempre fare, la banalità di una prima osservazione superficiale. Abbiamo poi riflettuto sul concetto di perimetro, distinguendo ciò che è possibile nella geometria piana e sulle differenze che ci sono con la geometria dei solidi, quando alle figure si aggiunge una terza dimensione e un semplice rettangolo diviene un parallelepipedo. Così sulla Lim sono comparsi gli elettrodomestici da incasso e si è ragionato sulle misure che servono se abbiamo la necessità di inserirli esattamente negli spazi di una cucina.
Il nostro quadrato di partenza alla fine era diventato una lavastoviglie. Aver scoperto che quello disegnato in una griglia alla lavagna in realtà di quadrati ne nascondeva quattordici, ha affascinato i bambini al punto da condurli a considerazioni sulle scoperte che si fanno se non ci si limita al primo sguardo. Qualcuno ha perfino osservato che quello era proprio lo stesso messaggio del film Winter il delfino, visto insieme il giorno prima. Perché la disabilità del delfino, a prima vista un limite, alla fine si era rivelata invece una risorsa inaspettata.
A quel punto la discussione in classe ha preso una direzione imprevista. Sulla disabilità si è aperto un mondo perché quasi ogni bambino aveva esperienze da raccontare o domande a cui trovare una risposta. Come fa una persona sorda a sentire un allarme antincendio? E come può fare per sentire la sveglia la mattina? La presenza a scuola di E, il bidello sordo che lavora nel nostro istituto da più anni di chiunque altro, ha naturalmente suscitato gran parte di quelle domande.
La giornata è andata avanti così, passando da un argomento all’altro con la stessa facilità e la consequenzialità che si hanno quando si infilano una dopo l’altra le perle di una collana. Ricordo che a un certo punto (ho dimenticato purtroppo come ci siamo arrivati) discutevamo sulle parti del corpo che continuano a crescere anche in età adulta, prendevamo a esempio i denti dei roditori e io raccontavo la storia di Annibale, il topolino di campagna che per quattro mesi ho avuto in casa e ha ridicolizzato l’intelligenza di un uomo che cercava di catturarlo. La sostanza non cambia. Eravamo partiti da un quadrato, abbiamo finito la giornata guardando un telegiornale raccontato con la lingua dei segni.


Il niente. Troppo sottile caro maestro.
A volte servirebbe un diario di bordo per scivere che non si è fatto niente.
Un abbraccio.
Andrea, papà di Adriano il matematico completo.
ciao Andrea! Hai perfettamente ragione… e magari con quel niente riempire tutto il diario…