Goran Čengić in gioventù era stato una stella della nazionale jugoslava di pallanuoto. A 46 anni vive nel quartiere di Grbavica, a Saraievo. La guerra dei Balcani porta l’orrore fuori dalla sua porta di casa. Ogni legge e ogni principio sono spazzati via. Il quartiere è occupato dalle milizie serbe agli ordini del sanguinario torturatore Veselin Vlahovic Batko, “il mostro di Grbavica”, condannato poi alla fine della guerra per crimini contro l’umanità.
Goran Čengić vede dalla finestra la sua vicina di casa, Husnija Ćerimagić, una anziana donna bosniaca musulmana, picchiata e oltraggiata dai soldati serbi giù nel cortile. Sono in molti a osservare la scena da dietro le finestre, ma nessuno osa intervenire. Goran Čengić no. Non può restare indifferente. Crede nel valore di un’identità multiculturale basata sulla tolleranza e sul rispetto reciproco. Fa le scale di corsa e scende giù per difendere la donna, ma nulla può contro quegli aggressori armati e assetati di sangue. Lo portano via. È il 14 giugno 1992. I suoi resti verranno trovati 9 anni dopo in una fossa comune.

