Insomma. Alcune persone, sbagliate più di un indicativo in una frase ipotetica, si danno la mano e chiudono una professoressa nell’angolo di una brutta storia di mala scuola. Una famiglia disonesta, degli specialisti faziosi, un preside senza alcuno spessore. Bene, ma i colleghi? Gli altri docenti di quella scuola che fanno? Prendono in qualche modo una posizione chiara e pubblica in sua difesa? Mostrano apertamente solidarietà? Fanno barriera davanti alle calunnie? No.
La menzogna e la malignità entrano nella scuola indisturbate, come fossero velenosi vettori di un virus che si insinua facilmente nel corpo di un organismo, perché a ben guardare quell’organismo è già malato. Non oppone alcuna resistenza. La sua patologia è fatta di pusillanimità, individualismo, apatia, indifferenza e in alcun casi perfino insana concorrenza (quasi che l’oscura disgrazia dell’uno serva a rischiarare altrove).
Le giornate nella scuola scorrono come se nulla fosse successo. Del resto se i docenti italiani avessero la lungimiranza, la coesione, il coraggio e la determinazione che hanno altre categorie di lavoratori, nonostante le politiche scolastiche scellerate e i ministri dell’Istruzione mezze tacche, non ci troveremmo al punto in cui siamo oggi.
Tuttavia prova a prendere un insegnante qualsiasi e lamentati con lui dello stato in cui versa ormai la scuola italiana. Non ce n’è uno, per un motivo o per un altro, che non assentirebbe. Peccato che sarebbe un acconsentire stolido e insignificante. Un ciondolare inutile della testa, come facevano negli anni settanta quei cagnolini che andava tanto di moda mettere sui cruscotti delle autovetture.

