Gli hanno dato un nome impossibile: Soehrensia schickendantzii. Succede quando unisci il cognome di un botanico olandese con quello di un chimico tedesco, che meritò tale onore per aver passato parte della sua vita in Argentina. Questo cactus viene infatti da lì, cresceva originariamente sulle Ande, nelle terre al confine dell’impero degli Incas. Anche loro gli avranno dato un nome, magari molto più poetico, ma si è perso nella notte dei tempi.
Ne ho preso un pezzo da un cortile dove era cresciuto lentamente per anni, incurante delle poche attenzioni, fino a quando hanno deciso di eliminarlo e buttarlo via come si fa con la spazzatura. L’ho portato a Macondo. Erano almeno vent’anni che lo vedevo ogni giorno mentre andavo a scuola. Non aveva mai fatto un fiore. Qui invece.
Allora mi ripeto, perché questa cosa mi è già capitata di scriverla: all’amore risponde sempre l’amore. Con le piante e gli animali è così. Sono gli uomini invece che a volte difettano.

