Peppino Impastato fu ucciso dalla mafia la notte tra l’8 e il 9 maggio 1978. Ma non si può frantumare la bellezza. Neanche se hai torturato quel corpo, poi l’hai legato sui binari della ferrovia tra Trapani e Palermo e l’hai fatto saltare col tritolo. Le sue parole restano, così come resta indelebile la testimonianza di un amore gridato a una terra malata, che lo lasciò solo e provò perfino a diffamarlo.
Peppino Impastato venne ammazzato la notte dell’8 maggio 1978 dopo essere stato bloccato con la sua Fiat 850 e rapito dagli uomini del capomafia Gaetano Badalamenti mentre tornava a casa percorrendo la litoranea Terrasini-Cinisi. La verità ormai si conosce. A lungo fu lasciato credere che si fosse trattato di uno scriteriato atto terroristico da parte di un dinamitardo, finito male, o addirittura di un gesto suicida. I depistaggi e le menzogne, su cui pesano gravemente le responsabilità dei rappresentanti delle istituzioni, impedirono per 24 anni, fino alla sentenza del 2002, che fosse fatta giustizia.
Cresciuto in una famiglia mafiosa Peppino Impastato ha la forza e il coraggio di prendere una direzione ostinata e contraria. Il padre lo caccerà di casa, lui fonderà Radio Aut e su quelle frequenze denuncerà i traffici illeciti di Cosa Nostra e il silenzio assenso delle istituzioni. La sua è stata una vita contraddistinta dalla passione, dal desiderio di legalità e dalla fermezza, in opposizione al sopruso, all’immobilismo e alla sopraffazione. Una vita animata dall’idea che se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà.

