L’uguaglianza sta diventando un’ossessione. Nella scuola di oggi, per esempio. Così c’è chi a ogni occasione ripete ai bambini l’ambiguo refrain siamo tutti uguali, chi cerca questa uguaglianza perfino nei grembiuli, nelle magliette o nei cappellini tutti dello stesso colore, nelle fotocopie da colorare tutti nello stesso modo, nei balletti e nelle coreografie con movimenti all’unisono. Ma è un grossolano errore di prospettiva. A scuola bisognerebbe lavorare piuttosto sul valore della diversità.
I bambini non hanno bisogno di sentirsi dire che sono uguali per capire che ho la stessa attenzione verso ognuno di loro. Tutto il contrario. È invece vedendo riconosciuta la propria unicità che trovano la serenità per affidarsi e per crescere nel lavoro che facciamo insieme, sviluppando ognuno le proprie peculiarità e contribuendo ognuno secondo la propria originalità alla vita del gruppo classe, una pluralità in cammino. Fissate alcune regole necessarie, i bambini vanno poi guidati nella libertà di sperimentare e aiutati a trovare ognuno la modalità per esprimere al meglio se stessi, sentendosi riconosciuti nella propria eccezionalità e apprezzati proprio per questo. Il maestro deve aprire un ventaglio di possibilità, deve dare indicazioni e presentare soluzioni, non imporre schemi rigidi e inderogabili.
Se la ricchezza e la forza di ogni comunità sono date dalla diversità di chi quella comunità la compone, è vero anche un altro aspetto. L’assillante ricerca nella scuola dell’uguaglianza a tutti i costi, contrariamente a quanto si legge nei proclami, conduce facilmente la classe docente alla perdita di vista dei propri studenti. L’assurda pretesa di trovare sistemi oggettivi, imparziali e neutrali, è soltanto un modo fariseo per nascondere realtà più complesse dietro l’apparenza di una contraffatta obiettività. Perché se è vero che uguaglianza significa fornire a tutti le stesse opportunità, è altrettanto vero che bisognerebbe tendere all’equità, non semplicemente all’uguaglianza. Ma l’equità purtroppo è una parola che nelle scuole si tira fuori con difficoltà. Significa riuscire a guardare le persone, riconoscere le differenze e capire che a qualcuno devi dare anche di più se vuoi cercare di correggere certi squilibri.

