La storia continua. Non importa quale forza politica si trovi alla guida del paese, lo smantellamento della scuola pubblica procede comunque inesorabile. Ora tocca al governo Meloni. L’articolo 557 della finanziaria prevede nuovi tagli e nuovi accorpamenti, innalzando a 900 il numero minimo di alunni perché una scuola possa continuare a esistere. Spariranno immediatamente 700 istituti e tanti altri faranno la stessa fine. Continuano a chiamarlo dimensionamento ottimale.
A voler essere davvero ottimale il programma dovrebbe prevedere tutt’altro, per esempio una riduzione del numero di alunni per classe. La pandemia non ci aveva del resto messo di fronte all’idiozia delle classi pollaio? Allo stesso tempo sarebbe opportuno mantenere contenute le dimensioni dei singoli istituti scolastici. Invece no. Si continua ad andare ostinatamente nella direzione contraria.
Si realizza così la spoliazione di scuole dal territorio, si danneggiano le regioni con una minore concentrazione demografica e nei piccoli e medi comuni, che difficilmente raggiungeranno il tetto dei 900 alunni per scuola, si costringeranno gli studenti a spostarsi nei comuni vicini, o, come nel caso degli istituti superiori, perfino in altre province.
La formazione delle mega-scuole non funziona a livello didattico e neanche organizzativo, perché il personale di segreteria e i collaboratori scolastici non aumentano in modo proporzionale. L’esperienza ce lo insegna. Per tutto il personale della scuola crescono i carichi di lavoro e peggiora la qualità del servizio. Ma poco importa. La politica scriteriata del dimensionamento ottimale, iniziata nel 1998 (governo Prodi) con il DPR 18-6-1998, n. 233, va avanti imperterrita. E non può essere un caso se si tratta di una politica che ha trovato concordi tutti i governi successivi. Stai a vedere che aveva ragione Italo Calvino.
Esattamente come quando bruciavano i libri.